Buona lettura.
All’inizio degli anni ’30 del XX secolo, prima dell’avvento in Italia delle Littorine Fiat con motore a benzina, molte amministrazioni ferroviarie sperimentarono automotrici derivate molto spesso da progetti automobilistici, per questo chiamate “autobus su rotaie”.
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Fra le varie amministrazioni che condussero tali esperimenti vanno sicuramente nominate le FNM (Ferrovie Nord Milano) che nel 1933 commissionarono alle OM (Officine Meccaniche), di via Pompeo Leoni a Milano, la costruzione di 3 automotrici endotermiche a 2 assi ad aderenza parziale, unidirezionali.
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Le automotrici si presentavano con una cassa di tipo tondeggiante, bombata, con un'unica cabina di guida da un lato. La salita avveniva dal vestibolo, posto centralmente, al quale si accedeva tramite 2 porte (una per lato) a 4 ante, ad apertura elettropneumatica.
Il comando di apertura faceva scendere anche un gradino per facilitare all’utenza la salita. Al suo interno si trovavano 38 posti a sedere, più altri 4 strapuntini ribaltabili situati nel vestibolo.
Il motore era un OM-BUD a 6 cilindri in linea, alimentato a gasolio, dalla potenza continuativa di 135 Cv al regime di 1600 RPM ed era posto anteriormente, sopra il primo asse. La trasmissione era meccanica e si avvaleva di un cambio manuale a 4 velocità, più retromarcia, e si collegava all’assale posteriore, quello trattivo, tramite un lungo albero telescopico, diviso in 2 sezioni, con una serie di giunti cardanici. Le ruote erano a vela piena di diametro 850 mm.
Sul frontale trovava posto anche la griglia del grande radiatore, per il raffreddamento a liquido del motore.
La massima velocità si attestava sugli 80 Km/h, la massima comunque raggiungibile su tutta la rete FNM all’epoca.
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Vennero immatricolate da subito come Md 1/2 11 – 12 – 13 ed impiegate sulle relazioni non elettrificate a scarso traffico, come la linea della Valmorea e sulla Varese-Como. Condizione importante era che il capolinea avvenisse in una stazione dotata di piattaforma in quanto, come già detto erano unidirezionali, ovvero dotate di cambio automobilistico a quattro marce ma solo di una retromarcia per manovre e la cabina di guida da un solo lato. Non solo, il grande radiatore riusciva a scambiare calore solo se rivolto frontalmente al senso di marcia.
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Nel 1937 vennero reimmatricolate come Md 510-01, 02 e 03 FNM ed andarono, un paio d’anni più tardi, ad aggiungersi alle tre automotrici Md 520-FNM (che nulla avevano a che fare in quanto erano automotrici ALn 556 serie 2000 di costruzione Breda).
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La Seconda Guerra Mondiale impose regole di autarchia sui carburanti, quindi la mancanza di gasolio obbligò le FNM, al pari di FS e tutte le altre amministrazioni, di adattare le proprie automotrici a propulsione endotermica alla combustione a metano.
Vennero così modificate nel motore e vennero dotate, nella parte posteriore, sotto il pavimento con accesso dall’esterno, di una batteria di 9 bombole di metano, caricate a 200 Bar.
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Al deposito di Novate Milanese, venne allestita un apposita stazione di rifornimento per la sostituzione sui mezzi delle bombole vuote a favore di quelle cariche e la ricarica di queste in aree appositamente allestite.
A seguito della trasformazione a metano, delle forme tondeggianti e parafrasando una canzoncina del “Trio Lescano” molto in voga all’epoca già da qualche anno….
https://www.youtube.com/watch?v=1sU3NCq7lA8
Alle automotrici venne appioppato il soprannome di “Bomboli”, sembrerebbe che ciò sia avvenuto anche sugli ordini di servizio del personale.
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Durante la guerra effettuarono un apprezzabile servizio passeggeri anche su linee principali delle FNM, come la Saronno-Varese-Laveno, sostituendo, nelle ore non di punta, automotrici e locomotive a vapore ed elettriche, senza però arrivare mai a Milano, al massimo fino a Saronno, al fine di risparmiare combustibile data la modesta autonomia e l’obbligatorietà di rientrare a Novate per il rifornimento. Proprio per tali motivi anche sulla tratta Varese-Como la tratta espletata era in realtà Malnate-Grandate, stazioni dotate di piattaforma girevole.
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<font color="red">La foto sopra ritrae un Bombolo mentre si appresta a percorrere il mitico bivio della Quadronna, situato appena fuori Malnate. A sinistra (verso il basso) i binari portano verso Saronno e Milano, a destra proseguono per Olgiate Comasco e Como. Sullo sfondo, dopo la curva a sinistra, la periferia di Malnate, nel 1943. Mi sono permesso di commentare perché dal 1966 la ferrovia Varese-Como è stata smantellata, questo bivio non esiste più... Se non appena percepibile fra l'alta vegetazione </font id="red">
Al termine del conflitto mondiale, ritornata la disponibilità di combustibile d’importazione, vennero di nuovo ritrasformate ad alimentazione diesel, le batterie di bombole vennero rimosse, ma il soprannome “bombolo” rimase.
Completata l’elettrificazione della rete FNM, nel 1950, i “Bomboli” trovarono impiego sulla tratta tra Saronno e Turbigo, sulla relazione Milano-Tradate, prima della riapertura del ponte sul Ticino e sulla tratta Saronno-Seregno dopo l’abolizione del traffico passeggeri con locomotive a vapore, nel 1951.
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Nel primo caso, a causa della mancanza della piattaforma alla stazione di Turbigo, vennero agganciati 2 “bomboli” retro-retro, in modo da poter aumentare la capacità del treno ed avere la reversibilità alla stazione capolinea, senza essere girati; la seconda automotrice rimaneva a folle comportandosi come carrozza rimorchiata, mentre al traino c’era sempre quella con fronte rivolto al senso di marcia. Tale composizione però riduceva la velocità massima ammessa a soli 40 Km/h. Oltre alla rigida barra di traino un paio di tubi univa i due rotabili, la condotta del freno ed il comando porte pneumatico.
Con l’elettrificazione della Saronno-Novara, nel 1953, iniziò l’accantonamento al deposito di Saronno, deposito a cui facevano capo tutte 3 le automotrici, seguita dalla radiazione dal servizio e la demolizione, nel 1956.