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La trazione trifase ed i suoi problemi

Locomotive, carri, carrozze, servizi ferroviari e treni in generale.

Moderatori: MrMassy86, Fabrizio

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roy67
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La trazione trifase ed i suoi problemi

#1 Messaggio da roy67 »

Perché la si credette “una soluzione definitiva”… Perché si rivelò “l’esatto contrario”.

Fin dall’alba della trazione ferroviaria le salite sono sempre state il punto critico di una ferrovia. Infatti, se una locomotiva (a vapore, diesel o elettrica) ha una velocità in pianura, questa va via-via riducendosi con l’aumentare della pendenza della rampa in salita che percorre.

(NdA: La potenza massima in Kw si trasforma da giri al minuto max per pochi cavalli assorbiti, a giri al minuto minimi per tutti i cavalli disponibili richiesti dall’avvolgimento del motore elettrico.
Pensate al vostro trapano elettrico [che è monofase e non trifase]: Quando è in funzione a vuoto, il mandrino gira al max dei giri. Ma se iniziamo a forare, spingendo sulla punta, si sente chiaramente una riduzione della velocità di rotazione, a favore della potenza di taglio).


Le ferrovie furono concepite quasi cinquanta anni prima dello studio ed introduzione della trazione elettrica, la soluzione doveva essere applicata alle ferrovie già allora esistenti.
Al tempo della trazione a vapore, la salita, generava rallentamento ed aumento dello sforzo trattivo della locomotiva, che lo si poteva misurare in sudore e tribolazioni da parte del macchinista e fuochista per mantenere a regime la caldaia. La velocità si dimezzava o anche più, arrivando alla massima potenza e sforzo di trazione della locomotiva (forza trattiva).

All’inizio del XX secolo l’introduzione della trazione elettrica sollevò il personale di macchina da tale immane sforzo, eliminando anche il “rallentamento sotto sforzo”. La trazione a corrente alternata trifase non presentava tale problema.
Le caratteristiche meccaniche dei motori a induzione di cui le locomotive trifasi italiane furono dotate, con l’aumentare del carico (peso trainato + pendenza salita) faceva diminuire il “RPM” (Range Per Minute= Acronimo anglosassone di velocità di rotazione in giri al minuto) dei motori di una frazione quasi impercettibile, la velocità di rotazione rimaneva pressoché identica.
I motori elettrici richiamano più corrente dalla centrale elettrica, automaticamente, nella misura in cui occorre per adeguare gli RPM al nuovo sforzo di trazione, quindi, pur mantenendo lo stesso regime di rotazione, cambiano l’assorbimento di corrente. Lo stesso accadeva in discesa, frenando automaticamente a recupero, senza che il macchinista facesse nulla.
Nel primo decennio del XX secolo questa innovazione sembrò un immane passo avanti tecnologico.
Di questo ne erano convinti sia i macchinisti che pure i tecnici dei più alti livelli. Un tecnico delle “alte sfere” delle FS dichiarò pubblicamente: <<La trazione a corrente alternata delle locomotive trifasi, potendo far girare i motori a velocità costante, costituirà un grande vantaggio per il futuro esercizio ferroviario>>.

Purtroppo, come la rete elettrificata in trifase iniziò ad estendersi, i ferrovieri si accorsero che era vero l’esatto contrario di ciò che fino ad allora si raccontò.

La massima potenza generata da un motore elettrico trifase è determinata dalle sue caratteristiche costruttive, quindi, la massima potenza trattiva che poteva sviluppare era determinata dal massimo carico trainabile sulla rampa più acclive della linea ferroviaria che doveva percorrere la locomotiva. Solo in quella tratta era richiesta la massima potenza. Per tutto il resto del percorso, girando i motori a velocità costante, la loro potenza veniva sfruttata solo parzialmente…. Anche meno.

Considerando queste prerogative la trazione elettrica trifase venne pensata per le linee di valico, quali l’intera Italia è “disseminata”.

Infatti, le più famose linee ferroviarie di valico furono a trazione elettrica trifase:

- Ferrovia del Frejus (Torino – Modane (F)).
- Ferrovia del Brennero (Trento – Bolzano - Brennero).
- Ferrovia dei Giovi (Torino – Genova).
- Ferrovia Porrettana (Bologna – Pistoia).
- Ferrovia Roma – Sulmona.

Prendiamo ad esempio la linea del Frejus, che ha una pendenza di rampa, anche se di poche decine di metri, del 36x1000, vale a dire del 3,6%.

(N.d.A.: Questo dato ha acceso parecchie polemiche e diversi punti di vista. La rampa la si misura ovviamente in millimetri di salita ad ogni metro di percorrenza lineare. Va da se che se misuriamo la rampa su 10 Km avremo una pendenza, ma se misuriamo la stessa rampa di 30 mt in 30 mt risulterà una diversa pendenza ad ogni tratta misurata. E’ stato rilevato che in alcuni punti, di soli 50 mt, la rampa del Frejus arriva anche al 3,6%, ma se misuriamo la stessa tratta su 1 Km lineare si addolcisce fra 2,9 e 3,3%... di media).

La linea, partendo da Torino Porta Nuova, fino a Bussoleno, ha una pendenza quasi irrisoria (circa 150 mt di salita) sui 44 Km da percorrere. Da Bussoleno inizia la rampa, la più acclive, fino a Salbertrand, 600 mt di dislivello, da percorrere in 22 Km, poi si addolcisce, ma rimane in salita fissa, del 1,8%, per i 25 km della rimanente linea, fino al traforo.

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<font color="red">Imbocco del tunnel del Frejus</font id="red">

Quindi, ritornando ai nostri motori, dei 102 Km della linea del Frejus, solo per 22 Km (Bussoleno – Salbertrand) si poteva usufruire della massima potenza della locomotiva, per altri 36 Km (Salbertrand – Modane) si usufruiva del 70-80% della potenza, mentre solo del 30% per i 44 Km che separano Torino da Bussoleno.

Possiamo vedere la cosa anche da un altro punto di vista:

Se da Torino a Bussoleno, una locomotiva, poteva trainare comodamente un convoglio da 550 tonnellate, a 50 Km/h, da Bussoleno in poi doveva dimezzare il peso, arrivando non oltre alle 220 tonnellate trainate, anche se la velocità rimaneva costante a 50 Km/h.

Per l’ottimizzazione dello sfruttamento delle locomotive, le FS pensarono di mettere in turno le locomotive più adatte al tipo di linea da affrontare.

Ragion per cui, a Bussoleno, le FS installarono il “cambio trazione” con ricorso alla doppia o tripla trazione all’inizio della rampa. Infatti, all’inizio degli anni ’20 del XX secolo i treni passeggeri più importanti, del peso di circa 380 Ton. arrivavano a Bussoleno trainati dalle E 331 in singola trazione, alla velocità di 75 Km/h. A Bussoleno venivano sostituite le locomotive a favore delle E 550 in doppia trazione (una in testa ed una in coda), per superare senza problemi la rampa di 58 Km che separava Bussoleno da Modane (Primo paese dopo il traforo, in territorio francese).

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<font color="red">Locomotiva elettrica trifase E 331</font id="red">

I treni merci, invece, arrivavano a Bussoleno (sempre da Torino) con le E 550 in singola trazione, qui venivano agganciate le locomotive di rinforzo in coda per la doppia trazione, talvolta anche tripla (se il treno era pesante, ma limitatamente alla tratta Bussoleno – Salbertrand) fino a Modane.

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<font color="red">Locomotiva elettrica trifase E 550-088</font id="red">

Verso la fine dello stesso decennio le E 550 vennero sostituite dalle più potenti E 551, mentre le E 331 lasciarono il passo alle nuove E 472 ed E 432.

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<font color="red">Locomotiva elettrica trifase E 551</font id="red">

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<font color="red">Locomotiva elettrica trifase E 472</font id="red">

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<font color="red">Locomotiva elettrica trifase E432</font id="red">

Il problema della forza trattiva, con le trazioni multiple, fu risolto da un lato ma, parallelamente, se ne presentò uno nuovo:

Una locomotiva E 550 aveva una potenza continuativa di 1500 Kw (circa 8800 ampere), che significava, in doppia trazione, un assorbimento elettrico di 3000 Kw (17600 ampere) , che arrivavano a 4500 Kw (26400 ampere) assorbiti in poche decine di metri se la trazione di rinforzo era una “tripla”.

Servivano sottostazioni elettriche che potessero fornire tanta potenza elettrica alla singola tratta percorsa dal treno, senza togliere potenza a tratte più distanti, ove transitavano altri treni. Si ricorse quindi alle sottostazioni elettriche ambulanti, per fornire potenza elettrica direttamente sul “luogo del bisogno”.

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<font color="red">Sottostazione elettrica ambulante trifase Ansaldo</font id="red">

Un altro grave problema della trazione era il reostato liquido in soluzione di soda. A differenza dei reostati di tipo metallico, la cui resistenza varia con “rampa a gradini”, quelli di tipo liquido permettono di effettuare l’avviamento con la massima gradualità, senza strappi e con forza di trazione prossima alla massima fornibile. Alla fine dell’avviamento (o in prossimità di un cambio di regime di velocità), quando la resistenza del reostato era prossima a “zero”, scattava una piastra metallica che metteva in corto circuito gli elettrodi. Tutto questo accadeva… teoricamente. Infatti, per il frequente malfunzionamento del galleggiante della vasca del liquido, la piastra di corto circuito scattava in modo intempestivo, generando uno strappo alla trazione, un colpo di potenza che avrebbe potuto far cadere qualche passeggero in piedi e danneggiare, a lungo andare, i ganci di traino. Anche la soluzione di soda del reostato, se eccessiva (troppo diluita), davo luogo ad uno strappo al momento del corto circuito, se era scarsa (troppo concentrata) generava irregolarità all’avviamento. Per ovviare a questi inconvenienti, i macchinisti, erano dotati di “un foglio di cartone”… Si! Un bel foglio di cartone, di adeguate dimensioni, che essi inserivano fra i contatti delle piastre di corto circuito, isolandole al momento dello scatto. In questo modo, essendo il cartone isolante, impediva il corto circuito, sfruttando la resistenza residua del reostato, addolcendo la caratteristica meccanica del motore, per rendere accettabile la ripartizione del carico. Dopo pochi secondi, il macchinista riapriva la piastra manualmente, eliminando il foglio di cartone, richiudendo le piastre.

Un'altra apparecchiatura “delicata”, che mise addirittura a repentaglio la vita stessa dei macchinisti fu l’interruttore automatico in olio. Quando la locomotiva superava il massimo carico elettrico tollerabile questo interruttore scattava, togliendo corrente all’interruttore primario. Purtroppo, anziché “scattare” solamente, molto spesso “esplodeva” scagliando scintille, schegge di ghisa dell’involucro e olio bollente ovunque, generando ustioni e ferite spesso anche mortali. I macchinisti stavano quindi molto attenti a non arrivare mai al massimo carico e curavano meticolosamente l’interruttore primario, mantenendo pulite le candele di contatto. Solo con l’introduzione dei “giganteschi” interruttori di “Tipo III FS”, nel 1928, molti problemi di esplosione vennero risolti.

Tutti questi malfunzionamenti e pericoli venivano amplificati dalla trazione multipla. La rotazione a velocità costante dei motori rendeva molto difficile l’applicazione della doppia (o addirittura tripla) trazione, che proprio il trifase imponeva per ovviare al calo di forza trattiva in salita. La differente usura dei cerchioni delle locomotive variava la velocità di regime, benché la differenza fosse minima, aveva effetti catastrofici sulla forza trattiva. Infatti, anche se di pochi millimetri, ruote di diametro diverso sviluppano circonferenze diverse, quindi RPM differenti. Questa differenza la si misurava in pochi Km/h di velocità fra una locomotiva con cerchioni nuovi ed una locomotiva con cerchioni di terza/quarta ritornitura (più piccoli di 3 cm di diametro). Questa minima differenza squilibrava la ripartizione del carico e la locomotiva con cerchioni più piccoli, viaggiando più lentamente, frenava la locomotiva con cerchioni più grandi, facendole aumentare l’assorbimento elettrico, imponendo ancor più l’utilizzo del cartone sulla piastra di corto circuito del reostato ma comunque saltava l’interruttore automatico.

Per ovviare a tele problema, proprio sulla linea del Frejus, fu imposta la rotazione dell’assegnazione dei turni delle locomotive con gli altri depositi del Compartimento di Torino, facendo in modo che il deposito di Bussoleno avesse sempre locomotive con cerchioni nuovi o, al massimo, di prima ritornitura.

Anche i lavori di manutenzione d’officina erano problematici. Molto spesso, a causa di errori umani (dimenticanza dello sganciamento dei coltelli dei trasformatori ausiliari), la tensione, applicata tramite la “presa d’officina” a bassa tensione, arrivava a tali apparecchiature e facendole funzionare all’inverso, generavano alta tensione a monte, con rischio di folgorazione per i tecnici.

Verso la fine degli anni ’20 si fecero esperimenti sulla trifase a frequenza industriale (3600 V – 50 Hz), prima sulla tratta Torino – Bussoleno (considerato il fatto che comunque serviva il cambio trazione) e poi sulla Roma – Sulmona.

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<font color="red">Deposito locomotive di Bussoleno - 1927</font id="red">

Nello stesso periodo, sulla linea Napoli – Foggia, nella tratta Foggia – Benevento ebbero inizio i primi test di trazione a corrente continua a 3000 volts.

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<font color="red">E 626-001 durante i test di trazione 3000 V - CC, nel 1928, a Benevento</font id="red">


Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#2 Messaggio da MrMassy86 »

La storia della trazione trifase è un argomento davvero molto interessante, grazie Roberto per la condivisione :grin: Massimiliano :cool:
Massimiliano Paolinelli - il mio canale YouTubeViaggio in quel di Verni -Il Ponte dei Pescatori - C.L.A.F. Lucca

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matteob
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#3 Messaggio da matteob »

Non vorrei mai essere stato un macchinista di quell'epoca! [xx(] Erano meno pericolose e avevano meno grattacapi le vaporiere. Grazie per la condivisione Roberto!
Matteo

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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#4 Messaggio da Luca1957 »

Tante cose che non sapevo, bella e interessantissima descrizione!
Luca - Suma bin ciapà :P

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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#5 Messaggio da MrPatato76 »

matteob ha scritto:

Non vorrei mai essere stato un macchinista di quell'epoca! [xx(] Erano meno pericolose e avevano meno grattacapi le vaporiere. Grazie per la condivisione Roberto!

Non penso sia vera totalmente la tua osservazione: per il confort di guida la trazione elettrica fu una rivoluzione rispetto alle vaporiere
Infatti queste ultime avevano ancora la cabina aperta, fumo perenne in faccia, una caldaia da mantenere sempre sott'occhio (letteralmente una "bomba" su ruote).
Certo guardare le macchine di 80 anni fa con occhi moderni fa venire in mente disagi a cui oggi nessuno vorrebbe sottostare.
Ma certe osservazioni vanno contestualizzate in determinati periodi temporali: oggi la cabina di una E626 farebbe passare la voglia di lavorare a qualsiasi macchinista, ma quando furono costruite erano il fiore della trazione ferroviaria, in confronto ad una cabina di una 470 o di una 691....
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#6 Messaggio da MrPatato76 »

Grazie Roy!!
Sapresti darci anche notizie sul trifase in Lombardia??
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matteob
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#7 Messaggio da matteob »

MrPatato76 ha scritto:
matteob ha scritto:

Non vorrei mai essere stato un macchinista di quell'epoca! [xx(] Erano meno pericolose e avevano meno grattacapi le vaporiere. Grazie per la condivisione Roberto!

Non penso sia vera totalmente la tua osservazione: per il confort di guida la trazione elettrica fu una rivoluzione rispetto alle vaporiere
Infatti queste ultime avevano ancora la cabina aperta, fumo perenne in faccia, una caldaia da mantenere sempre sott'occhio (letteralmente una "bomba" su ruote).
Certo guardare le macchine di 80 anni fa con occhi moderni fa venire in mente disagi a cui oggi nessuno vorrebbe sottostare.
Ma certe osservazioni vanno contestualizzate in determinati periodi temporali: oggi la cabina di una E626 farebbe passare la voglia di lavorare a qualsiasi macchinista, ma quando furono costruite erano il fiore della trazione ferroviaria, in confronto ad una cabina di una 470 o di una 691....

In effetti ho esagerato definendo questi locomotori elettrici peggiori delle vaporiere in fatto di sicurezza.. Poi stiamo parlando delgli inizi dell'era della trazione elettrica... ma questo argomento mi ricorda alcuni documentari che riguardano gli anni 30 e l'elettricità domestica, in cui le persone pensavano più al lusso che questa portava, piuttosto che la pericolosità che la accomuna. Solo un piccolo esempio: fabbricavano dei tavoli con due elettrodi scoperti al centro, per far funzionare un bollitore. Roba da brivido! Ma era lusso. Ricollegandomi all'articolo di Roberto, i macchinisti rischiavano spesso di rimanere folgorati anche in officina per la normale manodopera, proprio perché mancava un minimo criterio di sicurezza e forse anche la consapevolezza. Prima di tutto veniva il progresso anche senza tanti collaudi, poi la sicurezza... Ma anche no. Ora chiudo seno' mi riprendono.
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#8 Messaggio da Massimo Salvadori »

<font face="Arial Black"><font color="brown">Grande Roy !!!</font id="brown"></font id="Arial Black">

:geek: :geek: :geek: :geek: :geek: :geek: :geek: :geek: :geek:
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#9 Messaggio da roy67 »

Grazie voi, ragazzi.

@ Roberto: No. Purtroppo il mio materiale (e non è poco) è riferito solo alla "linea del Brennero", la "linea del Frejus", qualcosa relativo ai "Giovi" e "I ricordi dell'Ing. Minucciani". Testi dai quali ho ricavato questo post.

(Per chi non lo sapesse l'Ing. Gino Minucciani fu responsabile del deposito locomotive di Bussoleno ed addestratore del personale di bordo e manutenzione delle locomotive trifasi...
Nonché il realizzatore del famoso plastico didattico, in scala 1:64, di Milano smistamento, costruito negli anni '50 ed esposto al museo di Roma Termini, saccheggiato e andato distrutto irreparabilmente nel 1967)
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#10 Messaggio da cararci »

Grazie, Roberto, per l'interessantissima ricostruzione storico-tecnica.
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#11 Messaggio da Massimo Salvadori »

Per gli appassionati della storia con la esse minuscola: una chicca ascoltata durante una discussione tra dirigenti FS circa i motivi che condussero alla scelta della c.c. invece della c.a.
Ebbene ai dirigenti preposti alla compilazione delle tracce orarie piaceva moltissimo la c.a. trifase perchè di aveva una circolazione praticamente omotachica, ovvero i treni erano impostati per viagiare sempre tutti sempre alle stesse velocità. Ma erano anni in cui la prima autostrada costruita nel Mondo, la Serravalle - Genova, fu progettata dagli uffici tecnici delle FS, con velocità di progetto per le auto di 50 km/h e per gli autocarri di 25 km/, esattamente la metà delle velocità di impostazione per treni passeggeri e merci.

La materia è appassionante, grazie a Roberto si parla di argomenti tanto interessanti quanto poco divulgati, mi piacerebbe che qualche lettore confermasse la veridicità di quanto ho riportato e magari aggiungesse qualcosa ancora. :geek:
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#12 Messaggio da marione »

Solo adesso ho avuto la possibilità di leggere con la dovuta
attenzione questo tread:
Grazie Roy per le interessantissime notizie che ci hai fornito.
Non si è mai imparato abbastanza !

Marione
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#13 Messaggio da MrPatato76 »

<div align="center" id="quote2"><table class="quote"><tr><td class="quotetd"></td></tr><tr><td class="quotetd2"><span class="quotetext">
In effetti ho esagerato definendo questi locomotori elettrici peggiori delle vaporiere in fatto di sicurezza.. Poi stiamo parlando delgli inizi dell'era della trazione elettrica... ma questo argomento mi ricorda alcuni documentari che riguardano gli anni 30 e l'elettricità domestica, in cui le persone pensavano più al lusso che questa portava, piuttosto che la pericolosità che la accomuna. Solo un piccolo esempio: fabbricavano dei tavoli con due elettrodi scoperti al centro, per far funzionare un bollitore. Roba da brivido! Ma era lusso. Ricollegandomi all'articolo di Roberto, i macchinisti rischiavano spesso di rimanere folgorati anche in officina per la normale manodopera, proprio perché mancava un minimo criterio di sicurezza e forse anche la consapevolezza. Prima di tutto veniva il progresso anche senza tanti collaudi, poi la sicurezza... Ma anche no. Ora chiudo seno' mi riprendono.
[/quote]
A proposito di sicurezza vorrei dire un paio di cose:
-all'epoca la tecnologia ed i materiali non erano sviluppati come lo sono oggi;
-i rischi di questa nuova tecnologia forse non erano così conosciuti dal personale ne dai progettisti;
-sicuramente la sensibilità in tema di sicurezza sul posto di lavoro non era quella che abbiamo (o dovremmo avere) oggi.
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#14 Messaggio da MrPatato76 »

roy67 ha scritto:

Grazie voi, ragazzi.

@ Roberto: No. Purtroppo il mio materiale (e non è poco) è riferito solo alla "linea del Brennero", la "linea del Frejus", qualcosa relativo ai "Giovi" e "I ricordi dell'Ing. Minucciani". Testi dai quali ho ricavato questo post.

(Per chi non lo sapesse l'Ing. Gino Minucciani fu responsabile del deposito locomotive di Bussoleno ed addestratore del personale di bordo e manutenzione delle locomotive trifasi...
Nonché il realizzatore del famoso plastico didattico, in scala 1:64, di Milano smistamento, costruito negli anni '50 ed esposto al museo di Roma Termini, saccheggiato e andato distrutto irreparabilmente nel 1967)


Peccato!!!
Comunque l'argomento è veramente interessante!!
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#15 Messaggio da roy67 »

MrPatato76 ha scritto:

A proposito di sicurezza vorrei dire un paio di cose:
-all'epoca la tecnologia ed i materiali non erano sviluppati come lo sono oggi;
-i rischi di questa nuova tecnologia forse non erano così conosciuti dal personale ne dai progettisti;
-sicuramente la sensibilità in tema di sicurezza sul posto di lavoro non era quella che abbiamo (o dovremmo avere) oggi.


Questa è la sacrosanta verità!
Oggi parliamo di sicurezza sul lavoro perché abbiamo la conoscenza dei rischi.

Nel 1910 chi lavorava e, sopratutto, sperimentava nuove tecnologie ferroviarie (ma anche altro) lo faceva a suo rischio e pericolo. Erano veri e propri eroi del lavoro.
A quei tempi non esistevano i "salvavita"... Bisognava, indispensabilmente, essere molto attenti a tutto ciò che si faceva. L'ignoranza, la superficialità sul lavoro erano puniti con l'estrema sentenza!
E la colpa era di chi non era stato attento a ciò che faceva. :wink:

<font color="blue">Aggiungo un altro paio di chicche storiche sul Trifase </font id="blue">(Da: I ricordi dell'Ing. Minucciani):

Nelle prime locomotive trifasi fu instalato un dispositivo per la forza di trazione costante che si basava su un Wattmetro per regolare l'avviamento ed il pilotaggio del livello del liquido d'immersione degli elettrodi del reostato.
Purtroppo, considerata l'eccessiva quantità di ampere che attraversavano l'apparecchio, molto spesso il wattmetro si rendeva inutilizzabile, troppo delicato e non risolveva i problemi cui era tenuto a "controllare", anzi, ne generava altri.

Un altro problema era causato dalla temperatura del liquido del reostato. La soluzione più fredda andava in basso al serbatoio, mentre quella più calda arrivava in alto. Sulle E 550 arrivava in ebollizione. L'evaporazione del liquido cambiava rapidamente la concentrazione della soluzione di soda, rendendo quasi impossibile al macchinista trovare la giusta resistenza. Soprattutto quando le E 550 dovevano fare anche da merci "raccoglitore", considerando le centinaia di manovre che dovevano eseguire lungo la linea.Il sistema migliore installato fu quello delle E 552, dotate di cilindri mobili che avevano lo scopo di far traboccare in un altro serbatoio il liquido caldo del reostato.

Nelle E 432 venne installato il camino di sfogo dei vapori generati all'interno del reostato

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<font color="red">Schema reostato installato sotto uno degli avancorpi delle E 432</font id="red">

La E 432 fu la prima ad installare lo scarico del vapore da ebollizione del rostato.

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<font color="red">E 432 con reostato in ebollizione che scarica dal camino</font id="red">

Sulle altre locomotive, lo scarico del vapore da ebollizione era smaltito attraverso griglie o fori sulla carrozzeria. Troppo piccoli per smaltirlo in tempi brevi, facendo aumentare ulteriormente la temperatura.

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<font color="red">E 554 con reostato fumante</font id="red">

Un grande problema che costantemente, quotidianamente, gravava sui macchinisti delle linee trifare di montagna era la formazione di ghiccio sul bifilare.
Il grande assorbimento elettrico che aveva la locomotiva rendeva già necessario l'utilizzo di entrambi i trolley a contatto, per suddividere gli ampere in transito dal punto di contatto. Il ghiaccio rendeva isolato il filo di contatto, generando immani fiammate da arco elettrico al passaggio della locomotiva.
Questo rendeva indispensabile l'utilizzo del carro raschia ghiaccio, in spinta, davanti alla locomotiva.

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Schema del carro raschia-ghiaccio per trifase, derivato da un carro "P660" FS

Questo però non sempre era sufficiente. Molto spesso i trolley si spezzavano a causa di rigidi e grandi ghiaccioli, che si formavano in prossimità dei supporti di poligonazione del filo di contatto. La rottura spesso piegava i tiranti del "quadrilatero" del trolly andando a deformarne la geometria, creando molto, troppo, spesso corto circuiti in linea per l'accidentale contatto fra le fasi aeree. Se l'incidente accadeva vicino ad una sottostazione, questa scattava, isolando la tratta, ma non quella adiacente, rimanendo alimentata con il corto circuito in atto, generando grandi fiammate, incendi, e gravi danni.
Fu l'invenzione "dell'interruttore a intervalli" dell'Ing. Minucciani a risolvere il problema, isolando automaticamente una o più sottostazioni in caso di corto circuito rilevato.
Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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matteob
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#16 Messaggio da matteob »

Sempre più interessante man mano che pubblichi l'evoluzione delle nostre macchine e di come "i nostri nonni" le conducevano. Non riesco a non leggere :smile: ancora grazie Roberto!
Matteo

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marione
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#17 Messaggio da marione »

slurp :wink: :wink: :wink: :wink: !!!

Marione
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schunt
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#18 Messaggio da schunt »

Innanzi tutto mi devo complimentare con Roberto, come al solito tratta degli argomenti molto importanti e riesce a darli un impronta di semplicita' che li rende comprensibililissimi.

Comunque, poiche' anche l'elettrificazione trifase e' stato un fatto gestito in chiave politica, bisogna sottolineare quale danno e' stato, l'accettazione di clausole capestro che negli anni hanno penalizzato lo sviluppo delle ferrovie italiane; pur di avere la trifase venne firmato un contratto con la Kalman Kando ungherese che prevedeva l'esborso di "royalthy" su ogni locomotore costruito ed ogni kilometro di linea elettrificato, per 60 anni.

Questa clausola nel corso degli anni risulto' molto pesante, in particolare quando venne deciso l'elettrificazione in CC, per cui a posteriori della II°GM, per ragioni economiche, si dovette fare buon viso a cattivo gioco, ripristinare la trifase fino allo stremo, cioe' 1976.

Che la trifase era una palla al piede se ne accorse subito SBB nella prima galleria del Sempione, tra Briga ed Iselle di Trasquera, tanto che pochi anni dopo, passo alla 15kv frequenza ferroviaria 16 hz, estendendola fino a Domodossola ( credo fosse il 1913 ).

Quando da giovane ufficiale del genio presi l'abilitazione alla guida dei locomotori trifasi, mi accorsi che erono l'equivalente delle camere di tortura poiche' erano ad ambiente unico, cioe' non esisteva separazione tra le cabine di guida e le apparecchiature, all'interno c'era puzzo d'olio, il rumore del motori e il ciottolio delle bielle, d'iverno pativi il freddo, d'estate il caldo; quando tiravi giu' gli archetti l'illuminazione si spengeva, quindi buio completo se ti trovavi di notte o in galleria, quindi dovevi controllare i manometri con la pila.( a poche macchine erano state messe le batterie.

Poi il reostato a soluzione sodica, estremo pericolo a fare rifornimento dell'acqua sotto tensione, quando evaporava, molte volte i vapori ti seccavano la gola e ti frizzavano gli occhi...... ma i grandi servelli dicevano che il vapore non conteneva soda caustica, che essa rimaneva nel serbatoio, ma guarda caso le cose andavano diversamente !!!

La trifase rimane un angolo buio nei miei ricordi e per esperienza fatta, agli inizi degli anni sessanta, mi ricordo la sequela di maledizioni a coloro che la continuavano a tenere in esercizio, tanto che non ho mai preso in considerazione nemmeno i modelli.
Enzo

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marioscd
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#19 Messaggio da marioscd »

i doppi trolley alzati per la trazione non erano una necessità solo per distribuire la corrente ma servivano anche per "attraversare" le zone neutre (non alimentate) del bifilare situate in prossimità degli scambi (dove, altrimenti, il corto circuito al passaggio degli archetti sarebbe garantito!). Se avete notato, anche sulle macchine "corte" i trolley sono sempre molto estesi verso l'esterno. Gli archetti, infatti, dovevano per forza stare ad una distanza minima tra loro (mi pare di ricordare almeno 8 metri ma dovrei controllare il dato) proprio per essere certi di averne sempre almeno uno in presa sui deviatoi. Il bifilare era un vero "casino" sui piazzali di stazione... non vorrei dire una scemata (anche qui dovrei ricontrollare, della mia memoria mi fido poco!) ma credo di aver letto che proprio per questo motivo erano stati sostituiti tutti i deviatoi doppi inglesi (installando una coppia di "semplici) sulle tratte elettrificate in trifase.

E' un mondo appassionante almeno quanto il vapore!

ciao
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marioscd
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#20 Messaggio da marioscd »

schunt ha scritto:
Comunque, poiche' anche l'elettrificazione trifase e' stato un fatto gestito in chiave politica, bisogna sottolineare quale danno e' stato, l'accettazione di clausole capestro che negli anni hanno penalizzato lo sviluppo delle ferrovie italiane; pur di avere la trifase venne firmato un contratto con la Kalman Kando ungherese che prevedeva l'esborso di "royalthy" su ogni locomotore costruito ed ogni kilometro di linea elettrificato, per 60 anni.


solo una piccola precisazione: la ditta non era la "Kalman Kando" ma la Ganz. Kalman Kando era l'ingegnere della Ganz che aveva brevettato molti dispositivi della trazione trifase e che aveva progettato tutte le prime macchine trifasi italiane. Non andava molto d'accordo con l'Ing. Bianchi, allora responsabile per le FS...

ciao
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Fabrizio
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#21 Messaggio da Fabrizio »

Discussione molto interessante, Roberto. Interessanti anche tutti gli altri contributi. Non mi sono mai informato molto sulle locomotive trifase "di prima generazione". Dico di prima generazione perché, quelle odierne elettroniche, possono essere considerate di seconda generazione, se si tiene conto di questi usi di inizio secolo.

Dai racconti, desumo che queste lavoravano a velocità di rotazione costante e non a potenza costante (infatti è spiegato che l'assorbimento variava lungo la linea). Quindi, in che modo venivano gestiti l'avviamento e l'arresto? Desumo che il reostato servisse a questo. Come funzionava e come era inserito nel circuito elettrico della macchina?

Se avete informazioni a riguardo, con calma, sarebbe molto interessante per me fare conoscenza con la tecnologia usata per la regolazione di queste macchine.

Concordo riguardo ai rischi e al modo di gestire il lavoro del tempo....per dirla in parole povere, non c'era certo la cultura in materia di sicurezza che c'è oggi e non si andava tanto per il sottile. Infatti, credo, le morti sul lavoro fossero molte più di quelle attuali.
Da un lato oggi è sicuramente molto meglio, anche se concordo sul fatto che l'avere protezioni e procedure che mettono al riparo dal rischio, fa scendere (e di molto) la percezione del pericolo. Questo "disabitua" le persone ad adottare comportamenti attenti e diligenti, ma soprattutto fa si che le persone pensino che ci debba sempre essere un qualcosa o un qualcuno a tutelarci. La cosa non è sempre positiva.

Ciao

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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#22 Messaggio da marioscd »

il sistema di controllo della velocità dei motori sul sistema trifase è quanto di più arzigogolato ci sia! La partenza avveniva, come hai ipotizzato, grazie all'uso del reostato (grosso e regolato attraverso la soluzione sodica esso disperdeva grosse quantità di calore, tali da farlo letteralmente "fumare" come una vaporiera, specialmente nelle giornate fredde!) e le velocità erano fisse (potevano essere 2 o 4, di solito).
Esse venivano realizzate mettendo i motori in serie o parallelo e diminuendo i poli del rotore. Per diminuire i poli era necessario un collettore ad anelli che ruotava solidale all'asse del rotore stesso con dei contatti striscianti collegati ai teleruttori di potenza della cabina AT della macchina. Le velocità, nel sistema trifase, sono dipendenti dalla frequenza dell'alimentazione elettrica rispetto al numero di poli del motore. Per questo motivo la frequenza "ferroviaria" era differente da quella "industriale" (che, essendo più alta, non avrebbe potuto garantire velocità adatte all'uso).

ciao
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#23 Messaggio da MrMassy86 »

Seguo con molto interesse la discussione, conoscevo la storia del trifase solo a grandi linee, ora grazie ai vostri contributi ne ho una visione molto più approfonditala :cool: Massimiliano :cool:
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marione
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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#24 Messaggio da marione »

schunt ha scritto:

Innanzi tutto mi devo complimentare con Roberto, come al solito tratta degli argomenti molto importanti e riesce a darli un impronta di semplicita' che li rende comprensibililissimi.

Comunque, poiche' anche l'elettrificazione trifase e' stato un fatto gestito in chiave politica, bisogna sottolineare quale danno e' stato, l'accettazione di clausole capestro che negli anni hanno penalizzato lo sviluppo delle ferrovie italiane; pur di avere la trifase venne firmato un contratto con la Kalman Kando ungherese che prevedeva l'esborso di "royalthy" su ogni locomotore costruito ed ogni kilometro di linea elettrificato, per 60 anni.

Questa clausola nel corso degli anni risulto' molto pesante, in particolare quando venne deciso l'elettrificazione in CC, per cui a posteriori della II°GM, per ragioni economiche, si dovette fare buon viso a cattivo gioco, ripristinare la trifase fino allo stremo, cioe' 1976.

Che la trifase era una palla al piede se ne accorse subito SBB nella prima galleria del Sempione, tra Briga ed Iselle di Trasquera, tanto che pochi anni dopo, passo alla 15kv frequenza ferroviaria 16 hz, estendendola fino a Domodossola ( credo fosse il 1913 ).

Quando da giovane ufficiale del genio presi l'abilitazione alla guida dei locomotori trifasi, mi accorsi che erono l'equivalente delle camere di tortura poiche' erano ad ambiente unico, cioe' non esisteva separazione tra le cabine di guida e le apparecchiature, all'interno c'era puzzo d'olio, il rumore del motori e il ciottolio delle bielle, d'iverno pativi il freddo, d'estate il caldo; quando tiravi giu' gli archetti l'illuminazione si spengeva, quindi buio completo se ti trovavi di notte o in galleria, quindi dovevi controllare i manometri con la pila.( a poche macchine erano state messe le batterie.

Poi il reostato a soluzione sodica, estremo pericolo a fare rifornimento dell'acqua sotto tensione, quando evaporava, molte volte i vapori ti seccavano la gola e ti frizzavano gli occhi...... ma i grandi servelli dicevano che il vapore non conteneva soda caustica, che essa rimaneva nel serbatoio, ma guarda caso le cose andavano diversamente !!!

La trifase rimane un angolo buio nei miei ricordi e per esperienza fatta, agli inizi degli anni sessanta, mi ricordo la sequela di maledizioni a coloro che la continuavano a tenere in esercizio, tanto che non ho mai preso in considerazione nemmeno i modelli.



Vorrei aggiungere a queste interessanti note di vita vissuta, la mia esperienza di viaggi in cabina fatti negli anni '70 grazie ai treni speciali GRAF, AFI e FIMF.
Innanzitutto il rollio in cabina e la sensazione di essere sul mare anzichè sui binari, ma con mare mosso. Le curve ... sembravano venir percorse come se fossero rettilinei con 'sbalzo' a destra o a sinistra a seconda dei casi.
Ricordo bene l'attenzione dei macchinisti in prossimità delle stazioni ( anche col solo transito) ad aprire gli interruttori e transitare in folle sotto gli scambi della catenaria.
L'ambiente interno ... beh, visto con gli occhi di oggi ... non c'è storia. Non dimenticherò mai gli sgabelli dei macchinisti ... fatti praticamente con quattro assi di legno, il 'rumore' dei motori in trazione, delle bielle e delle innumerevoli apparecchiature elettriche. Non accenno poi, alla 'visibilità' della linea ahimè comune a tutti i locomotori dell'epoca.
Concludo il 'cahier de doiance' con il fastidioso sfarfallio dell'illuminazione interna, tanto è vero che veniva accesa per il minimo tempo indispensabile e subito spenta - il tutto a causa della frequenza di rete - .

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Re: La trazione trifase ed i suoi problemi

#25 Messaggio da MrPatato76 »

A livello di archeologia industriale, è un vero peccato non avere la possibilità di vedere una macchina trifase funzionare.
Per quanto riguarda l'ambiente di lavoro, sono salito su le 626 e 428 prima serie e , al di la della gioia provata da appassionato, considerando l'ambiente di lavoro con parametri moderni posso affermare che c'è da mettersi le mani nei capelli e che non fatico a credere alle dimostranze dei macchinisti negli anni 90 quando le 626 erano ancora operative.
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