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Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

Locomotive, carri, carrozze, servizi ferroviari e treni in generale.

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roy67
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Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#1 Messaggio da roy67 »

... A vapore. Ovviamente. :cool:

Cari amici, questa volta non voglio parlarvi della “solita” storica, ignorata e sconosciuta locomotiva, ma di tecnologie ferroviarie, dei personaggi che le progettarono e dello sviluppo tecnologico ferroviario, con precedenza allo sviluppo italiano, o meglio: quello che, grazie anche ad ingegneri italiani, fu lo sviluppo delle locomotive a vapore in Italia.

Tutto, spesso, ebbe inizio altrove.
Molte cose vennero inventate, progettate o costruite altrove, ma arrivarono anche qui da noi ed i nostri avi le migliorarono e perfezionarono… O, forse, solo le copiarono, costruendo le locomotive che fecero la storia della ferrovia italiana. Quelle stesse che oggi circolano sui nostri plastici.

Ovviamente parlerò della storia di alcune locomotive, ma senza entrare nello specifico od approfondirla, semplicemente “quale” locomotiva installò “quale” dispositivo e quando, quindi l’evoluzione della trazione ferroviaria fino al suo apogeo. Con l’introduzione della trazione elettrica si sospese ogni studio e sviluppo. S’inizia parlando di quei tempi in cui l’uomo per salutare non alzava le sopracciglia dicendo: <<Oh! Come butta?>> Ma si toglieva il cappello facendo un lieve inchino in avanti. :wink:

Come sempre, mi piace partire da “prima dell’inizio”, perché si spiegano, implicitamente, tante altre cose, inoltre il tutto sarà diviso in 3 parti per semplificare, sopratutto a me, la pubblicazione.

Buona lettura.

Prima parte

L’invenzione del treno, fin dall’inizio, portò le migliori università d’Europa a far studiare ed applicare la meccanica, in modo da istruire e formare i migliori ingegneri meccanici di cui la tecnologia del tempo potesse godere.
Le prima locomotiva, la Rocket di Stephenson, costruita nel 1829, era a 2 assi (con rodiggio A1), ovvero un asse motore ed un asse folle.

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<font color="red">(Ricostruzioni nelle 2 versioni della Rocket di Stephenson)</font id="red">

Uno studio successivo dello stesso Stephenson, nel 1830, portò ad invertire il “motore”, come per la locomotiva “Planet”, con rodiggio 1A. Questo fu l’inizio degli studi di trazione ferroviaria (e non solo). Mai, fino ad allora, un mezzo si era potuto muovere in modo autonomo senza l’ausilio di un animale da soma al traino, gli ingegneri (anche quelli che successero lo stesso Stephenson) poterono studiare, stabilire e provare indiscutibilmente che le ruote motrici posteriori sviluppano maggior peso aderente, aumentando la forza di trazione con un miglior controllo di stabilità e frenata.

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<font color="red">(Ricostruzione storica della locomotiva Planet di Stephenson - 1830)</font id="red">

Sulla Planet, inoltre, l’innovazione fu anche l’introduzione del “duomo” per la raccolta del vapore generato in caldaia e l’installazione dei cilindri interni al telaio. Il meccanismo di trazione fu reso “invisibile”, nascosto. La parte meccanica motrice era interna fra i longheroni del telaio e non poteva, in stazione, essere manomessa da “chicchessia”. Era accessibile solo quando la locomotiva si fosse trovata sopra la “fossa di manutenzione”.

Qualche anno più tardi si intuì che il treno sarebbe divenuto il mezzo del futuro. Non c’era da sobbalzare su buche o sprofondare in acquitrini fangosi e non c’era da sostituire i cavalli alle soste (Il cambio locomotiva era questione di qualche decina di minuti, a differenza delle 2 ore richieste dal cambio ippico, soprattutto per il postiglione che non sempre aveva il cambio). I binari erano posati dritti, spiani, non c’erano buche, polvere o fango. La velocità era costante, quella promessa dalla compagnia ferroviaria e non quella pressappochista stimata dal postiglione della diligenza, che prometteva anche di non incappare in “agguati di briganti” (ma era ciò che sperava… e non ciò che poteva promettere). Nel 1835 si poteva percorrere, in 8 ore di viaggio col treno, la stessa distanza percorsa dalla diligenza in 2 giorni di galoppo.

Il pubblico fu entusiasta.

Iniziò la vera e propria corsa alla “tecnologia ferroviaria”.

Un altro studio fu proprio l’aumento della potenza delle locomotive, per poter trainare più carrozze….

….Alt! Un attimo.

Il nome “carrozza” deriva proprio dal nome delle carrozze trainate da cavalli che, all’epoca, furono modificate e dotate di ruote ferroviarie, trasformandole così in “carrozze ferroviarie”.
Già nel 1700 venivano denominate “carrozze” i mezzi per il trasporto di persone e “carri” quelli per il trasporto di “cose”.
Abbiamo quindi, ovviamente intuito, anche il “carro ferroviario”. O meglio….. l’odierno carro merci. Scusate la divagazione, ma penso non sia mai un a perdita di tempo spiegare le cose.

Ritorniamo a noi ed ai primi treni…

L’aumento di richiesta sottintendeva l’aumento del numero delle carrozze da trainare, quindi l’aumento della potenza trattiva delle locomotive. La conseguenza era quella del maggior peso della locomotiva stessa, in quanto installante una caldaia più grande per sviluppare maggior quantità di vapore..
I binari, però, non sopportavano ciò. All’epoca sopportavano al massimo 8-10 tonnellate asse. Solo verso il 1870 iniziarono a sopportare “addirittura” 12,5 tonnellate asse …..
Il peso doveva essere distribuito meglio.

Si studiò quindi un diverso rodiggio, avveniristico, 1A1, ovvero un asse folle, una ruota grande motrice, ed un asse folle, come la prima locomotiva che circolò in Germania nel 1835: La “Adler”, oppure la nostra “Vesuvio”, prima locomotiva che circolò in Italia, sulla Napoli – Portici, il 03 Ottobre 1839.

(ricordo che la seconda fu la “Londridge” (qualche ora più tardi) e la terza, in ordine di entrata in servizio, fu la “Bayard”, cinquantanove giorni dopo l’inaugurazione della linea ferroviaria, il 01 Dicembre 1839).

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Ma qual’era il problema?
Queste locomotive avevano 3 assi, scaricavano il peso in maniera meglio distribuita - E’ vero!
Ma l’iscrizione in curva, senza deragliare, era impossibile. Non potevano “piegarsi”…. Oppure, un asse ruote, doveva “cedere” lateralmente rispetto il telaio in quanto “incastrato” fra i bordini nelle rotaie..
Il problema fu risolto eliminando il bordino della ruota motrice, creando il “passo rigido” fra gli assi a folle estremi, la ruota motrice centrale era di larghezza maggiorata per essere sempre a contatto con il binario, anche in curva.

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Già dal 1832 esisteva il carrello ferroviario, inventato dall’americano John B. Jarvis.
Si trattava di un vero e proprio carrello a 2 assi (pressappoco come quello attuale installato sulle carrozze, non tecnologicamente parlando) che supportava la parte anteriore della locomotiva. Così facendo il peso della stessa si divideva fra ruota motrice e perno carrello, cioè, il peso gravava al 50% sulla ruota motrice, divenendo aderente ed il 50% sul carrello, che divideva il peso su 2 assi. Tale carrello fu installato sulla locomotiva “Brother Jonathan” con rodiggio 2’A, costruita per la “Mohawk & Hudson Rail Road”, appunto nel 1832.

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Il peso aderente, però, rimaneva sempre molto “alleviato” dal carrello o dall’asse portante (che fosse anteriore o posteriore), la soluzione migliore, per aumentare il peso aderente, quindi la trazione, era il rodiggio “B”: Tutte le ruote della locomotiva erano motrici, implicitamente il peso aderente era totale, tutto “trainante”. Fu costruita pressappoco in quegli anni la locomotiva che divenne poi la 1400 SFAI, usata, dal 1860, nel cantiere degli scavi del traforo ferroviario del Frejus, locomotiva divenuta poi Gr 800¹ FS (Gr 8001 ma è meglio leggere la sua storia qui, se v’interessa). (http://www.scalatt.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=14059)

Ben presto ci si accorse che il problema non era risolto. Si riproponeva la “poca distribuzione” del peso, servivano più assi per avere più potenza caldaia.
Fu nel 1853 che l’amministrazione delle Ferrovie dello Stato Piemontese ordinò alla Cockerill la costruzione di 12 locomotive a rodiggio 2’B, prendendo ad esempio le già presenti locomotive americane di tipo “Norris” di una Compagnia di Philadelphia in uso alle Strade Ferrate Toscane. Avevano 2 assi accoppiati ed un carrello a 2 assi di tipo “Jarvis” che alleggeriva il peso assiale anteriore.

Furono le prime locomotive in Italia ad installare un carrello anteriore a 2 assi. Queste locomotive ebbero travagliata vita. Da subito immatricolate da 51 a 59 FSP le prime 9 locomotive consegnate e da 148 a 150 le ultime 3, consegnate nel 1860. Nel 1861, con l’Unità d’Italia, le Ferrovie dello Stato Piemontese confluirono nella Società Generale delle Strade Ferrate Romane e le nostre locomotive mantennero lo stesso numero d’immatricolazione. Nel 1865, con la costituzione dalla Società delle Ferrovie dell’Alta Italia vennero reimmatricolate dalla 389 a 400 SFAI, ma solo per un ventennio, in quanto nel 1885 la SFAI venne scorporata e le locomotive andarono a far parte della Rete Mediterranea, che le reimmatricolò di nuovo 2001 – 2012 RM. All’atto del riscatto delle Ferrovie dello Stato (FS), nel 1905, le locomotive, ormai in parte già radiate, solo 6 erano ancora in servizio, vennero immatricolate come Gruppo 499 come Gr 4991-4996.

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<font color="red">(Gr 499)</font id="red">

Trovo giusto parlare della storia di un gruppo di locomotive ed esaurirlo, ma torniamo alla metà del 1800. C’è ancora tanto da raccontare. Perdersi in questi meandri fa perdere solo il filo logico del discorso.

Una vera e propria svolta, pressappoco nello stesso periodo, vi fu allorquando i francesi progettarono la prima locomotiva a rodiggio C. Era una locomotiva di tipo Bourbonnais (questo tipo di locomotive venne così denominato, sembrerebbe, in onore all’antica provincia francese. Erano locomotive che avevano: Rodiggio “C”, tender separato a 3 assi e distribuzione interna di tipo Stephenson). La ruota centrale aveva il bordino molto ridotto, per potersi muovere lateralmente in curva senza uscire dalla rotaia. Le Grandi Reti ferroviarie italiane; SFAI (Società per le Ferrovie dell’Alta Italia), RM (Rete Mediterranea), RA (Rete Adriatica) ed RS (Rete Sicula) ne commissionarono la costruzione di 394 esemplari, poi confluiti, nel 1905, nel Gruppo 215 FS.

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(In questa discussione la storia della più “vecchia” Bourbonnais italiana ancora esistente, la Gr 290 FS: : http://www.scalatt.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=13890 )

Fino ad allora tutte le locomotive avevano la distribuzione vapore con sistema dell’inventore: Stephenson, ovvero con eccentrici che ruotavano sfasati rispetto al centro di rotazione del perno, per comandare, tramite bielle, l’iniezione di vapore ai cilindri e lo scappamento.

Fu Sir Daniel Gooch, nel 1843, a progettare ed inventare i cassetti di iniezione, con comando simultaneo dell’iniezione e parallelamente lo scappamento vapore, convogliandolo alla camera fumi per facilitare anche il “tiraggio” caldaia. Il sistema di distribuzione per quanto identico nel biellismo al sistema “Stephenson” venne denominato “distribuzione Gooch”, ma ci vollero ancora alcuni anni prima che venisse introdotto ed utilizzato dai costruttori.

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<font color="red">(Primo piano distribuzione Gooch)</font id="red">

Nel 1844 l’ingegnere belga Egide Walschaerts riuscì a semplificare la distribuzione vapore, togliendo gli eccentrici Stephenson ed utilizzando la classica “biella e manovella”, agendo con anticipo rispetto la posizione del giunto a croce, inserendo la biella di precessione ed il glifo cavo per il comando dei cassetti, al posto del doppio eccentrico. La valvola d’iniezione, a cassetto cilindrico, comandava in simultanea anche lo scappamento vapore.
L’invenzione da subito non prese piede, ci vollero ancora 5 anni, quando nel 1849 l’ingegnere tedesco Edmund Heusinger von Waldegg presentò lo stesso sistema di alimentazione brevettandolo.
Seguì un periodo di “discussioni”, di ciò quasi nulla è riportato dagli scritti. Quello che è certo è che il sistema viene chiamato “Heusinger” solo in Germania e “Walschaerts” nel resto del mondo. Viene dato come Brevetto Heusinger, concepito in parallelo, ma in ritardo di cinque anni rispetto l’invenzione di Walschaerts. (Una sorta di discussione pari a quella fra Marconi e Bell per l’invenzione del telefono). Ma passarono ancora molti anni prima di vederlo installato “di serie” in Italia.

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<font color="red">(Sistema di distribuzione Walschaerts)</font id="red">

Nel 1855 l’ingegner Alexander Allan pensò di migliorare ulteriormente la distribuzione vapore, semplificando il cinematismo di movimento dei cassetti, traendo ciò che c’era di meglio fra le distribuzioni Stephenson e Gooch. Ne risultò un sistema molto meno oneroso nella costruzione, quindi utilizzato da molti costruttori, soprattutto europei continentali (Italia, Germania, Austria, Francia e Svizzera).

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<font color="red">(Distribuzione Allan)</font id="red">

Nel 1857 l’americano Levi Bissel inventò e brevettò il famoso carrello Bissel. Carrello che traslava lateralmente con snodo, mantenendo la locomotiva centrata sui binari.

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<font color="red">(Schema del carrello Bissel)</font id="red">

Tale carrello non trovò subito il plauso degli ingegneri europei. In Europa si cercava ancora peso trattivo e potenza. Non c’erano vaste e “piane” praterie da attraversare. Solo irti Appennini con rampe da “freeclimber” da scavalcare.

La tecnologia ferroviaria stava facendo passi da gigante, ogni amministrazione ferroviaria iniziò ad avere uffici di progettazione e studio delle tecnologie. In poco meno di un trentennio la locomotiva aveva più che triplicato la sua potenza, potendo trainare treni lunghi il doppio. Ma era solo “l’alba” della tecnologia ferroviaria. Era stato inventato il carrello di supporto, si avevano accoppiato 3 ruote motrici, vi erano diversi sistemi di iniezione vapore, la locomotiva diveniva sempre più complessa e potente.

Grazie per l'attenzione.

FINE 1^ parte


Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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v200
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#2 Messaggio da v200 »

Molto interessante questo articolo tecnico :wink:
Roby - In ogni fermodellista in enne c'è un po di masochismo.

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adobel55
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#3 Messaggio da adobel55 »

Si, interessante Roy, una buona cosa averlo pubblicato.
Attendo le fasi successive.
Ciao
Adolfo

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MrMassy86
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#4 Messaggio da MrMassy86 »

Molto interessante, grazie Roy per la condivisione :wink: Massimiliano :cool:
Massimiliano Paolinelli - il mio canale YouTubeViaggio in quel di Verni -Il Ponte dei Pescatori - C.L.A.F. Lucca

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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#5 Messaggio da robiravasi62 »

Grazie roy
Roberto

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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#6 Messaggio da venturi giampiero »

Molto interessante, e ben fatto

grazie Roy
Giampiero Venturi

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marione
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#7 Messaggio da marione »

Chapeau :wink: !

Marione
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Egidio
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#8 Messaggio da Egidio »

Bellissima condivisione. Grazie, Roberto. :wink: Saluti. Egidio. :cool:
Egidio Lofrano

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Fabrizio
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#9 Messaggio da Fabrizio »

Grande Roberto :cool: Attendo con piacere le prossime puntate.
Fabrizio

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roy67
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#10 Messaggio da roy67 »

Grazie ragazzi. Sapevo che avreste gradito. Gli amanti puri delle ferrovie e dei treni veri hanno bisogno di sapere "chi e quando"..... :cool:
Vi pubblico un ulteriore "step".

2^ Parte

Nel 1861, commissionate dalla “Società delle Strade Ferrate del Lombardo-Veneto e dell’Italia Centrale”, per valicare la linea Porrettana, fra Bologna e Firenze (allora l’unica via ferroviaria di comunicazione fra lo Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie con il Lombardo Veneto), vennero costruite le prime locomotive veramente grandi (per quei tempi). Avevano il rodiggio “D”. Quattro assi trazione ed un tender che sorreggeva in parte il posteriore della locomotiva. Quindi, non solo questa locomotiva aveva 4 assi accoppiati, ma il tender, a 3 assi, fungeva da carrello di supporto posteriore, come una sorta di rodiggio D3’, ma così ovviamente non era. :wink:
Il tender, oltre che il suo stesso peso, supportava solamente una piccola parte del peso caldaia, alleggerendo le ruote posteriori locomotiva quel tanto che bastò per farla rientrare nelle canoniche 12 tonnellate asse richieste al tempo.

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<font color="red">(Disegno locomotiva Gr 400)</font id="red">

Queste locomotive vennero chiamate “di tipo Beugniot”, dal nome del loro progettista Jean Gaspard Édouard Beugniot, brillante ingenere francese che, alle dipendenze delle industrie ferroviarie Koechlin di Mulhouse, inventò e brevettò l’articolazione delle ruote accoppiate con distribuzione Stephenson.
Le venti locomotive “Beugniot” che arrivarono in Italia, costruite ovviamente da Koechlin, dopo le solite travagliate vicende, passando di proprietà in proprietà e modifiche varie (come l’eliminazione di un asse del tender) arrivando alla RM e poi alle FS, che, nel 1905, le immatricolò Gr 400.

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Nel 1873 sia RA che RM ordinarono un totale di 293 macchine che derivarono dalle positive esperienze delle “Beugniot”, ma con tender non “supportante”, sempre a quattro assi, con distribuzione Stephenson. Vennero immatricolate nel 1905 Gr 420 FS. La locomotiva continuava ad evolversi. Ormai i valici appenninici dei Giovi e la Porrettana venivano valicati solo da locomotive di questo tipo.

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<font color="red">(Gr 420 FS)</font id="red">

Un nuovo “segnalibro” nel calendario delle tecnologie ferroviarie europee lo troviamo nel 1876, quando lo svizzero Anatole Mallet iniziò gli studi sulla doppia espansione del vapore.
Ad onor del vero tale principio era in uso da anni.
Fu inventato dall’inglese Nicholson nel 1856 ed applicato ai motori navali o motori stazionari per industria.
L’applicazione ferroviaria è, come dicevo, merito di Anatole Mallet, il quale riuscì a dimostrare che, a parità di generatore di vapore si aveva un sensibile aumento della potenza della macchina, in virtù del maggior salto termodinamico utilizzabile (in poche parole il vapore di scappamento, dopo la prima espansione, era ancora tale da poter espandere di nuovo), ma la pressione di caldaia doveva essere innalzata.

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<font color="red">(Disegno locomotiva a doppia espansione di tipo Mallet)</font id="red">

Nel 1885 Karl Gölsdorf, figlio di Luis Adolf (ingegnere e capo progettista della Lokomotivenfabrik StEG di Vienna), divenne capo sezione dell’ufficio progetti dell’azienda di stato delle ferrovie austro ungariche K.K.St.B (Kaiserlich-königlichen österreichischen Staatsbahnen).
Fu studiando locomotive per i valici alpini che arrivò a progettare la “traslazione laterale” degli assi accoppiati con distribuzione Walschaerts, con snodo meccanico sulle bielle (Ovvero il giunto sferico sulle bielle).
Grazie a questa invenzione, nel 1887, progettò la famosissima “gruppo 170 KKStB”, la prima locomotiva con distribuzione Heusinger con traslazione laterale degli assi accoppiati. Aveva un rodiggio 1’D.

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<font color="red">(Locomotiva 170 KKStB)</font id="red">

Nel 1888 vennero ordinati alla “Società Austro-Ungarica”, da parte della RS, i primi 7 esemplari (dei 18 costruiti – gli altri 11 furono costruiti dalla Breda di Milano) di locomotiva, a rodiggio 2’B, per treni passeggeri veloci. In contrapposizione agli orientamenti tecnici dell’Ufficio d’Arte di Torino (SFAI), che prediligeva la distribuzione esterna sistema Gooch e l’Ufficio Studi di Firenze (per la SFM – poi RA), che propendeva per la distribuzione esterna Stephenson, le locomotive furono dotate (finalmente) del sistema di distribuzione, esterno al telaio, a cassetti piani di tipo Walschaerts. Queste locomotive, nel 1905 vennero inserite nel parco macchine Fs come Gr 500.

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<font color="red">(Gr 500 FS)</font id="red">

L’Ufficio d’Arte di Torino delle Rete Mediterranea, che da tempo faceva studi sull’applicazione della doppia espansione, arrivò a progettare una locomotiva a 2 cilindri esterni, a doppia espansione e distribuzione Stephenson interna al telaio. Nel 1890 affidò la costruzione alla Henschel e Sohn di Kassel delle prime 2 locomotive, che vennero immatricolate 3601-3602 RM. Un paio d’anni più tardi, per verificare la validità del sistema a doppia espansione la RM decise di modificare alcune locomotive già esistenti, prelevando dal parco ex-SFAI quattro locomotive di tipo Bourbonnais , future Gr 215 FS, per la precisione le 802, 926, 946 e 957 SFAI, che divennero 3603-3606 RM.
In queste macchine la pressione caldaia, quindi l’alimentazione al cilindro AP (Alta Pressione), venne innalzata a 12 bar, contro i 9 originali, per poter usufruire meglio dello scappamento al cilindro di BP (Bassa Pressione). Gli studi dovettero essere ancora approfonditi e sicuramente migliorati, ma così nacquero le prime locomotive italiane a doppia espansione. Nel 1905, con il riscatto delle grandi reti ed una tortuosa vicenda d’immatricolazioni e re immatricolazioni queste locomotive divennero definitivamente Gruppo 255 FS.

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<font color="red">(Disegno Gr 255 FS)</font id="red">

Nel 1892, periodo in cui coprì l’incarico di “Dirigente del Materiale e Trazione” della “Rete Sicula” (RS), dopo lo scorporo, nel 1885, dalle Strade Ferrate Calabro-Sicule, l’Ing. Guglielmo Cappa progettò la locomotiva del Gruppo 300 RS.
In se non presentava nulla di nuovo, se non gli ultimi ritrovati della tecnologia ferroviaria del tempo. In effetti era molto simile ad una Beugniot, ma il rodiggio, di tipo “D”, aveva distribuzione Walschaerts tutto esterno al telaio, quindi presentava l’articolazione “Gölsdorf”. Inoltre, installavano una cabina più alta del normale, facendo sembrare più bassa la caldaia, dando alla locomotiva un aspetto più “snello” e longilineo. Insomma… Più filante. Queste locomotive, costruite in 25 esemplari solo da industrie italiane (Breda, Ansaldo e OM Milano), passate alle Fs nel 1905, divennero Gruppo 410 FS.

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<font color="red">(Gr 410 FS)</font id="red">

Non so se riesco in sole 3 "puntate" a spiegsarvi tutto.
Forse diverrà una faccenda tipo "Beautiful".... :cool: :cool: :cool:

Fine 2^ parte.
Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#11 Messaggio da adobel55 »

Bene la locopera. Abbiamo da leggere
:grin:
Ciao
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#12 Messaggio da MrMassy86 »

Ottima anche questa seconda parte, letta con piacere :wink: Massimiliano :cool:
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roy67
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#13 Messaggio da roy67 »

3^ parte

Gli studi fatti con le sei locomotive del Gruppo 360 RM (poi Gr 255 FS), ed il loro soddisfacente esito, portarono, nel 1894, l’Ufficio d’Arte di Torino a progettare la prima vera e propria locomotiva di serie a doppia espansione italiana. Ne furono costruiti 69 esemplari di cui 49 dalla Breda di Milano.
Fu immatricolata come gruppo 380 RM (3801-3869). Usando le stesse parole di Giovanni Cornolò <<Queste locomotive rappresentano uno dei cardini fondamentali del panorama tecnico-evolutivo della locomotiva a vapore in Italia>>.

Non solo furono le prime di serie ad installare la doppia espansione, ma furono anche le prime di serie ad installare la distribuzione Walschaerts nell’Italia continentale (le prime furono locomotive fatte costruire per la RS), nonostante che l’Ufficio d’Arte di Torino della Rete Mediterranea prediligesse la distribuzione Gooch in quanto ne avesse tecnicamente ottima esperienza.
Disponevano di 2 cilindri a doppia espansione esterni (AP a destra e BP a sinistra) dotati, sempre esternamente, di distribuzione di tipo Walschaerts.

La doppia espansione sulle locomotive mise in evidenza la lacuna più grande del sistema: Lo spunto in partenza.
Come si sa il cilindro BP viene alimentato solo dallo scarico di scappamento in arrivo dal cilindro AP. Quindi, la locomotiva, ha solo metà della potenza sviluppabile, nel momento in cui servirebbe la massima potenza. Inoltre, se il cilindro AP si trova ad uno dei punti morti non sarebbe riuscito a spuntare. Comparve su queste locomotive il primo (in Italia) dispositivo di incamminamento di tipo “Von Borries”, già largamente usato in Germania ed Austria, ovvero, un sistema che permetteva di iniettare vapore (a pressione opportunamente ridotta) direttamente dalla caldaia nel cilindro BP, in modo da riuscire a far spuntare il sistema anche se si fosse trovato ad un punto morto. Tale sistema trasformava momentaneamente il cilindro BP in cilindro AP, con l’ovvia riduzione della pressione. Nel 1905 queste locomotive passarono alle Ferrovie dello Stato ed immatricolate Gr 310 FS.

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L’aumento della richiesta di potenza al cerchione delle locomotive era sempre più elevato. Per ottenere locomotive più potenti non servivano solo caldaie più performanti (ovviamente più lunghe e pesanti), ma anche cilindri di dimensioni tali da sfruttare al meglio la quantità di vapore prodotto, la doppia espansione, inoltre, garantiva un buon rendimento della caldaia. Nel 1898 la RM progettò la sua prima grande locomotiva da corsa. Aveva rodiggio 2’C.
Fu uno sviluppo della già esistente locomotiva del gruppo 300 RM (divenuta poi Gr 650 FS).

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<font color="red">(Gr 650 FS)</font id="red">

La differenza fra le due locomotive fu proprio nelle innovazioni e la potenza: caldaia più lunga, addirittura 2 duomi, distribuzione Walschaerts esterna (a differenza della “Gooch” della Gr 300) e la doppia espansione a 2 cilindri. La pressione caldaia venne innalzata a 13 bar in quanto il cilindro di BP, che aveva un diametro addirittura di 800 mm, non lo si poteva aumentare ulteriormente per non uscire dalla sagoma limite. Furono immatricolate come Gruppo 310 RM e ne furono costruite 25 unità da Ansaldo Genova e Miani & Silvestri Milano. Nel 1905 vennero reimmatricolate dalle FS come GR 656.

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<font color="red">(GR 656 FS)</font id="red">

Nello stesso periodo di progettazione, da parte delle RM, delle Gr 310, la Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde fece progettare una locomotiva con le stesse caratteristiche, ma con un carrello bissel anteriore ad un asse, per alleggerire queste grandi locomotive sulle tortuose linee ferroviarie della Sardegna.
Le locomotive, costruite in parte da Henschel & Sohn (D) ed in parte da SLM Wintertur (CH), furono consegnate nel 1900, proprio a fine secolo. Presentavano, come già accennato, la distribuzione Walschaerts esterna e la doppia espansione, sempre a cilindri esterni. Grazie allo snodo sferico del biellismo, inventato da Karl Gölsdorf, si aveva potuto allontanare le ruote motrici fra loro, potendo allungare il telaio, costruendo così una locomotiva più lunga, con caldaia più grande. Le 15 locomotive vennero immatricolate 41-55 CRFS e rimasero tali fino allo scadere della concessione delle ferrovie isolane dello Stato, reso esecutivo con decreto legge n° 1443 del 07 agosto 1919. Il 01 gennaio 1920 passarono alle Ferrovie dello Stato ed immatricolate GR 216 FS.

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<font color="red">(Gr 216 FS)</font id="red">

Ops... Scusate.

Fine 3^ parte.
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#14 Messaggio da MrPatato76 »

Nelle macchine bicilindriche a doppia espansione, quando il pistone AP si trova al punto morto superiore, il pistone BP si trova al punto morto opposto in quanto sono sfasati di 180° .
Quando questa condizione si verificava a macchina ferma, per le macchine bicilindriche, era impossibile riavviarsi autonomamente ed era necessario manovrare il convoglio per portare la macchina con i pistoni in modo che potessero muoversi con la pressione del vapore.
Tutto questo non succedeva con le macchine a doppia espansione quadricilindriche, perchè se il pistone AP ed il relativo BP erano sempre sfasati di 180°, i due pistoni AP erano sfasati di 90° cosi come i relativi BP.
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Re: Storia dello sviluppo tecnologico delle locomotive

#15 Messaggio da roy67 »

No Roberto.
Non escludo che qualche macchina bicilindrica abbia avuto l'angolo di calettatura AP/BP a 180°. Tutte non le conosco..
I dispostivi di incamminamento "Von Borries", "Gölsdorf", ma anche le varianti italiane "Bertoldo", "Giordana" e "Levi" si avvalevano proprio dell'angolo di 90° fra AP e BP.
Inoltre, parlando delle locomotive compound quadricilindriche, citando Cornolò, solo sulle macchine inglesi di tipo "Broad gauge" si sarebbero potuti installare i 4 dispositivi di distribuzione.
In Italia, utilizzando il comando sdoppiato, i cilindri AP erano sfasati di 180° fra loro, sfasati fra loro di 180° i cilindri BP, mentre il sistema AP-BP aveva un angolo di 90°.

Di seguito lo schama quadricilindrico Plancher... Di cui presto parlerò. :wink:

Il cilindri piccoli (in basso) sono i cilindri AP, mentre quelli in alto (i grandi) sono quelli BP.

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