Ripensavo al passato ora , ai treni, quanti ricordi...quando ero bambino, salire su un treno era un evento straordinario, attendevo con impazienza e sognavo per una settimana quel momento fatidico quando i miei genitori lo decidevano, solo per un breve viaggio per trovare gli zii a 100 Km di distanza, 1 ora e trenta di percorso... ma era una cosa fantastica, creavo in me fantasie di chissà quali avventure..arrivavo alla stazione di Venezia, pronto per il grande evento, il mistero, quasi sempre verso le 7.00 di mattina, attraversando il silenzio della mia città in vaporetto, con la paura di perdere quel treno, incitando mia madre di affrettarsi per raggiungerlo ; era un luogo magico e non vedevo l'ora di salire su una centoporte o corbelllini, con le classiche tende in simil broccato marron che mi infastidivano e le strane plafoniere di illuminazione sul soffitto ; odori strani di ferrovia, spesso con certi profumi misti di ferro e di deodoranti assurdi che si usavano per disinfettare le aree, con la sua confusione ma non ho ricordi che cosa ci fosse in testa al convoglio, chissà..ma non mi sembra di essere mai stato in compagnia ad una vaporiera, mai c'era il tempo di andare a vedere il locomotore in testa, probabilmente per la tratta Venezia-Udine quasi sempre c'era una E 626 o forse un 428, ma è impossibile ricordarlo...mi spiaccicavo frettolosamente subito al finestrino, era un grande sconforto se dovevo sedermi distante da esso ; osservavo tutto con curiosità infinita, i strani mostri, i locomotori che sfioravano la mia carrozza in senso contrario, carri merci dalle sagome strane che aggiugevano ulteriore curiosità e e se la giornata si presentava nebbiosa, grigia , si aggiungeva una cornice in più all'insieme del mistero, mentre osservavo la campagna ma ascoltando il classico ritmo delle ruote, che ormai è scomparso, sui binari che all'epoca non erano saldati ; arrivavo alla stazione di Sacile, dove mi attendeva sempre la 772 per cambiare sulla tratta a binario unico Sacile-Gemona del Friuli , e scendere alla stazione di Budoia ; ho ancora vivissimo il ricordo della 772 con il suo diesel brontolone, lo sbattere delle pesanti portiere prima della partenza, chiusa con la catena avvolta nel velluto marron per sicurezza e forse è proprio da qui che è iniziata la mia passione per i treni, con questa automotrice, quasi mai in doppia trazione, semmai con il rimorchietto in castano isabella ; scendevo a Budoia, paesetto di campagna, di contadini, di un'atmosfera scomparsa che aggiungeva un'ulteriore mistero in più; qui nella modesta stazione all'epoca la manovra degli scambi avveniva nel casottino esterno delle leve del fabbricato della stazione, un classico, osservando anche il capostazione che le manovrava con rumore, ma era la campanella Leopolda che segnava particolarmente questa atmosfera, gli arrivi e le partenze, aggiungeva tristezza però quando era il momento di fare ritorno , la 772 sbucava con il suo frontale aggressivo improvvisamente dal lato opposto in curva quando scendeva da Gemona, il suo rumore interrompeva quel silenzio assoluto, quella pace di campagna, talvolta interrotto anche o solo dalla campana della chiesa del centro paese che suonava di sera o semmai la 772 metteva a tacere gli uccelli che vi svolazzavano attorno, la avvertivi subito quando si trovava a pochi chilometri di distanza, oppure se per caso ti trovavi nei terreni in aperta campagna ; poche erano le corse giornaliere , bisognava ricordarsi degli orari, mia zia ne era sempre informata ; in questo luogo avvertivi subito quando arrivavi, i mille profumi intensi della terra, di mais, di fiori, di erbe aromatiche, di erba appena tagliata faticosamente sempre e solamente a falce, trasportata in seguito come fieno sui carri tirati da muli o che potevano servire anche per il trasporto del letame per i campi, quelle falci che segnavano le mani, dure, incallite dei contadini nelle loro semplici camicie quadrettate ; nella biglietteria era ancora in uso il sistema dei biglietti a talloncino rettangolari tutti inseriti nelle apposite caselle, peccato non ne abbia io conservato almeno uno, oppure anche con il sistema del bel colpo secco di timbro del ferroviere che faceva eco nella biglietteria e ti porgeva il biglietto in carta leggera scritto a biro e che staccava dal blocchetto ; gli ingressi spogli, silenziosi, solo alcuni orari ferroviari appesi ai muri, con un tavolo di legno pesante al centro, che trovavi in qualsiasi stazione secondaria e le classiche panchine nella sala di attesa, talvolta occupate da vecchie valigie, le classiche da operaio o paesano, con le due chiusure a scatto e da chiavetta, così come la classica lampada con plafoniera rotonda che pendeva dal soffitto la sua luce fioca, giallognola da 60 watt, di sera destava un po di malinconia..Era una stazioncina a doppio binario pulita , curata, con addirittura una voliera per gli uccellini e la fontanella di fianco, sempre infiorata, molta cura le si dedicava, quasi maniacale, del resto una caratteristica ben nota dei friulani, gente di poche parole, ma sempre determinati nella loro saggezza e tradizione ; ne uscivi nel piazzale sul ruvido terreno non ancora asfaltato, ora lo è , ma inesorabilmente deserto e con la stazione chiusa da serrande ; trovavi poche macchine o al massimo un vecchio autobus azzurro, " la corriera " come si diceva a quei tempi, o qualche " Vespa " o l'Ape carico di attrezzi agricoli, mentre attendeva puntuale per raggiungere il paese , un grosso signore simpatico che faceva servizio spola momentaneo di taxista con la sua, se non ricordo male, Fiat 1300 bicolore, Piero, il meccanico, la sua vera professione, che poi era anche l'unico del paese di questo mestiere; salivi nella sua macchina e scambiavi i convenevoli, qualche chiacchera e qualche notizia del posto, altrimenti si andava a piedi .Oltre a tutto ciò si aggiungevano i sapori della terra, potevi mangiare pomodori profumatissimi, appena staccati dalla pianta , lo facevo sempre da mia zia anche dopo colazione, potevi staccare anche incredibili fichi, grossi , dolcissimi, noci e nocciole che rompevi con un sasso, dalla scorza scura che il cortile ne era sempre pieno, o berti un ovetto che foracchiavi con uno spillo, appena fatto dalla gallina, o latte denso appena munto ; mio zio ti offriva un pezzo di formaggio tagliato a roncola ( o meglio la " britola " ) che tirava fuori di tasca ed erano formaggi di una bontà unica, mentre lo osservavi seduto nell'erba ad affilare la lama della falce, un lavoro quotidiano di manutenzione che bisognava fare con estrema attenzione e cura...sapori che ormai non sappiamo più che cosa significhino, tutto è insipido, sterile, non si facevano tante storie se ti mangiavi una mela un po ammaccata o sforacchiata dal merlo, avevano un sapore reale, intenso, oggi le scartiamo subito se non sono perfette, se appena ci trovi una minima traccia di ammaccatura, sembrano di plastica Montedison, così come la verdura, non sanno di nulla , insipide al massimo, se lanci una mela sul muro, rischi di rompere l'intonaco o un cristallo tanto sono immature !

Nulla si buttava , gettare il cibo era un vero sacrilegio, ora si parla di " Biologico "

detesto questo termine, io so che cos'è il vero biologico, si concimava essenzialmente secondo il ciclo naturale, a letame e basta, altro che le porcherie attuali !!
Sono tutti ricordi di un insieme di cose ormai scomparse, il passato non può essere rivissuto, il tempo dà ma anche toglie, sono cambiati i ritmi, una accellerazione dei tempi sempre più frenetica, la modernità e la competitività farcita di sofismi e tecnologie hanno un prezzo, l'uomo rimane sempre lo stesso, si era illuso di migliorare e di vivere finalmente in un paradiso terrestre ,la realtà è che rimane sconfitto e non ha semplificato ne risolto, semmai ha avvilito, purtroppo, ancora di più la sua vita .
Grazie dell 'attenzione !