Una fetta di cocomero e i suoi più noti tre usi
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Una fetta di cocomero e i suoi più noti tre usi
Queste brevi massime di saggezza difficilmente si trovano sui libri, nella maggior parte dei casi si sentono nelle piazze, o ai mercati.
Le battute più spiritose sono quasi sempre espressioni dialettali, tradotte in italiano perdono gran parte del loro fascino ed effetto, le parole. Una riflessione, che faceva accennare un timido sorriso a qualcuno, poteva tornare di attualità grazie agli insoliti caldi di questa stagione.
Il grano era stato falciato da poco, in quei giorni di fine giugno. Verso sera il capofamiglia si dirigeva verso il pozzo per estrarre dall'acqua un enorme cocomero, che era stato immerso in un sacco di iuta ben legato ad una corda per tutto il santo giorno. L'intera famiglia ne aspettava trepidante del cocomero l'arrivo. I bambini scalpitavano per aiutare il contadino a trasportare il pesante fardello. Mentre le donne lo tagliavano a fette, scrupolosamente tutte uguali, in disparte nella vecchia casa colonica, su una tavola, dove di lì a poco, avrebbe avuto inizio il grande sbrodolio.
A quei tempi in campagna, il cocomero non si mangiava con le posate: esisteva ancora il gusto di affondarvi il viso nella fetta. I bambini si divertivano a far schizzare i semi tra le dita per far mangiare anche le galline o per colpire qualcuno. Mentre tutti mangiavano il succoso frutto, l'agricoltore se ne usciva con una battuta:
' Scècc i èst? Con l'inguria sa màia, sa bif e sa l'àia pò 'l mùs" Avete visto? Con il cocomero si fanno tre usi: si mangia, si beve, e ci si lava il muso.' Il Padrone del mondo e il povero contadino hanno due elementi che li accomunano.
Entrambi si sono serviti della stalla: l'Uno per nascervi e l'altro per dormirci. I contadini dormivano sopra la stalla, dove bastava togliere qua e là, uno o due mattoni del pavimento per far salire il calore prodotto dal respiro delle bestie sottostanti, riscaldando e profumando l'ambiente di paglia e di concime naturale.
Raccontare i fatti come si vivevano, ci riconduce nel rassicurante grembo di una cultura contadina che ha dato il meglio di se, legandoci a poche ma fondamentali necessità: il cibo, le stagioni e l'amicizia. Non un ricordo inquietante che riporta all'atavica povertà, ma una pennellata di umori, di colori, che intinti nel mondo rurale, conservano, a tutt'oggi, nelle nostre 'campagne' il senso delle origini marcato dall'umanità e da sentimenti solidali.
Non esistono più canzoni che raccontano la vita contadina, come cantavano le giovani dei cascinali: " Timorati son di Dio, attaccati al suolo natìo. Non vo a feste, non vo a cene, ma il mio uomo mi vuol bene; quando è vicino a me, è felice come un re./ I miei figli forti e sani hanno i calli nelle mani/ L'alveare è pieno di miele, sono di canapa le tele./ Bellina che di lunedì sei nata e il martedì seguente battezzata, mercoledì na stella brillantina, il giovedì no specchio rilucente, il venerdì più bella che non dico. Arriva la domenica mattina, figliola mi sembri una regina".
Una fetta di cocomero, un detto d'altri tempi e un saluto per strada a volte sono sufficenti per far sorridere una persona: chiunque essa sia. A volte basta poco per far nascere la vera poesia, della vita.
Marione
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Re: Una fetta di cocomero e i suoi più noti tre usi
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Re: Una fetta di cocomero e i suoi più noti tre usi

Ciaooo
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Re: Una fetta di cocomero e i suoi più noti tre usi

