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Dialetto al giorno d'oggi

Quando non sai dove mettere una discussione ovvero non è fermodellismo.

Moderatori: liftman, Fabrizio

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marione
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Dialetto al giorno d'oggi

#1 Messaggio da marione »

In questi ultimi tempi pare esserci un ritorno del dialetto visto però - in molti casi, quantomeno - come elemento di esclusione oppure come ricordo nostalgico non in grado di influenzare la realtà. A tale proposito vi propongo una riflessione dello scrittore Vincenzo Cerami - nato nel 1940 e scomparso lo scorso 17 luglio - da un libro cofirmato col suo coetaneo Francesco Guccini, ' Storia di altre storie', libro molto stimolante e provocatorio uscito per Piemme un anno fa: Cerami afferma alle pagine 95 e 96: " Io non scrivo mai in dialetto perchè è una lingua morta, una lingua è viva quando si rinnova, quando arrivano nuovi oggetti e tu gli metti un nome sopra, arriva un nuovo sentimento e tu lo nomini. Nella civiltà nella quale siamo cresciuti questo avveniva sempre, ora non più. Quando non arricchisci più il lessico, una lingua diventa materia di archeologia ( ... ) .
I dialetti si nutrono quotidianamente delle parole che si inventano, dal vivere comune e dagli oggetti che si toccano tutti i giorni. Se una generazione non parla il dialetto vuol dire che dalla generazione successiva lo deve imparare come a scuola, e allora è morto ( ... ). Non puoi salvare una cosa morta. Nel momento in cui lanci l'allarme per 'salvare' un linguaggio, stai già attestando la sua scomparsa, e la sua inutilità. Non salvi il daletto obbligando i ragazzini a parlarlo e a quel punto è meglio che imparino "l'inglese".
Ho omesso alcune parti per invogliarvi a leggere il libro, ma in una di queste il Cirami citava Pier Paolo Pasolini, che fu suo professore alla scuola media e con cui poi collaborò: ebbene, proprio Pasolini, che pure era un difensore competente ed entusiasta del suo nativo idioma friulano, scelse poi di usare la lingua nazionale per arrivare al pubblico più vasto possibile, conservando però il mondo da cui proveniva come serbatoio di valori morali più che di vocaboli, in maniera molto simile, curiosamente, a quella di un suo altrettanto illustre conterraneo, il padre servita David Maria Turoldo.
Forse, ipotizziamo, può essere questa la via d'uscita, ossia lasciare al dialetto il posto che gli compete, quello della comunicazione quotidiana e della rappresentazione concreta del reale, utilizzando lo spirito che animava dialettofoni per miglorare il vivere civile. Oggi, per dirne una, si assite ad una evocazione alquanto mitizzata della civiltà contadina, anche attraverso le 'ricostruzioni storiche' sulla cui efficacia - e sulla cui opportunità in questi tempi grami - ci sarebbe da discutere a lungo: allora, invece di limitarsi ad indossare costumi d'epoca, non sarebbe meglio per tutti acquisire i valori morali e religiosi delle persone che indossavano quegli abiti, con ovvio e necessario adattamento al tempo nostro?
Potrebbe essere questo il modo per districarsi dalla situazione spinosa - a volte persino risibile, e gli esempi sono troppo noti per citarli qui - di cui si parlava all'inizio, ben consci che in una guerra fra poveri anche chi vince è sempre uno sconfitto .

Marione


Mario Mancastroppa

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Fabrizio
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#2 Messaggio da Fabrizio »

Ciao Mario, al giorno d'oggi, purtroppo i dialetti (ma anche l'italiano) stanno scomparendo. Negli ambienti delle università si inizia a parlare di istituire tutti i corsi in inglese, questo secondo me è una brutta avvisaglia per la lingua italiana. Se da un lato sono d'accordo con il fatto che si impari l'inglese e ci sia una evoluzione, magari anche nel verso di una lingua unica, dall'altro mi dispiace per la perdita di identità locale che è rappresentata dall'italiano e dai dialetti. Io parlo il dialetto piemontese, avendolo però imparato dai miei nonni e non dai miei genitori. Ma purtroppo ormai lo uso sempre meno, essendoci sempre meno occasioni per usarlo. Secondo il mio parere, il disperdersi delle conoscenze e dei saperi della civiltà contadina si sta ripercuotendo gravemente sul presente. In una popolazione ormai assuefatta delle comodità, dall'efficienza ad ogni costo e dal correre ad ogni costo, si dimenticano troppo facilmente alcune importanti nozioni, che un tempo servivano a salvaguardare la vita stessa. Un classico esempio ne sono le sempre più frequenti stragi che avvengono in concomitanza con le calamità naturali, che poi tanto calamità non sono... ma sono semplicemente eventi naturali, un tempo conosciuti e affrontati nel giusto modo, oggi sconosciuti e di conseguenza non tenuti in considerazione. Questo fa si che, disconoscendo i pericoli che la natura riserva, l'uomo non è più abituato a riconoscerli, credendo di essere superiore e di poter far fronte a questi con le sue tecnologie e istruzione. Ma non è sempre così, l'abbandono delle campagne e delle attività agricole, nonchè di protezione del territorio, unito alla corsa allo sfruttamento e tutti i costi delle risorse fa si che eventi meteorologici che si sono sempre verificati, vengano oggi visti come distruttivi ed eccezionali, quando invece, seppur in alcuni casi si verifichino condizioni eccezionali, non è sempre così. Il danno viene più spesso dalla scarsa conoscenza del pericolo e dalla mancanza di tutte quelle attività un tempo svolte dalla civiltà contadina.
Fabrizio

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cararci
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#3 Messaggio da cararci »

Marione (mai nome fu più adatto, ne ho avuta conferma conoscendolo con vero piacere a Bologna) ancora una volta ci ha fornito un ampio spunto di riflessione.
La citazione di Cerami è quanto mai utile per inquadrare il tema del recupero o della perdita dei dialetti. È vero, il dialetto si può considerare una "lingua" morta, se lo si considera il veicolo di una cultura del passato ed è patetico volerlo rinverdire e salvare facendone materia di studio obbligatorio o insistendo nel volerlo preservare dalle lingue ufficiali. L'unico modo per la conservazione dei dialetti sarebbe stata la conservazione dei modi di vivere che li hanno generati. Ma chi sarebbe disposto a tornare alle culture materiali e dunque alla vita del mondo contadino? Così, i dialetti sono andati trasformandosi, assimilando i modi della lingua ufficiale, allo stesso modo della lingua ufficiale che, più o meno velocemente, cede all'invasione di altre lingue.
Certo, il cedimento non dovunque è cieco e rapido come in Italia: basta far caso a come in Francia, per fare un esempio, sono chiamati con termini francesi anche elementi del vivere comune che pur vengono dalle culture anglosassoni; in Italia usiamo la parola inglese computer, in Francia ordinateur. Nel nostro paese, quello che altrove è un equilibrato uso di termini stranieri diventa invece una corsa idiota all'imitazione linguistica.
Non siamo disposti a preservare ragionevolmente la nostra lingua, figuriamoci i dialetti!
Le prostitute diventano escort, le residenze resort, la scansione temporale timing, ecc., ecc.
Mi piacerebbe che sia per i dialetti nei confronti dell'italiano, sia per l'italiano nei confronti dell'inglese ci fosse un atteggiamento di rispetto ed il rifiuto a farsi supinamente colonizzare.
Carlo - Il guizzo della trota - Teatro greco - Il Castellaccio

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Giacomo
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#4 Messaggio da Giacomo »

Purtroppo l'involuzione del linguaggio oggigiorno è guidata dalle comunicazioni di massa, nelle quali ormai è abituale l'uso di parole straniere al posto di quelle italiane. Le nuove generazioni, bombardate come sono da messaggi in gran parte anglofoni non possono che adeguarsi.... non che la nostra scuola faccia molto per aiutare la nostra bella lingua (figuriamoci i dialetti) anche perchè, con la comoda scusa che oggi se non sai l'inglese (come minimo) sei fuori da qualunque partita, si portano i giovani a snobbare la loro lingua di nascita per imparare le lingue più "utili". Videogiochi, televisione, ma anche fumetti e giornali ormai parlano sempre di più inglese....mi viene in mente un aneddoto che ho letto tempo fà, purtroppo non ricordo dove: un quotidiano riportava un articolo con la descrizione di un agguato della malavita e definiva l'attentatore come killer, un lettore scrisse facendo presente che in Italiano, per indicare un assassino prezzolato esiste il termine sicario e pregando di usare di più la madrelingua.... orbene in un articolo successivo il redattore usò il termine sicario ma mettendolo tra virgolette, come se fosse un termine strano..... Comunque per ora, fortunatamente, resistono ancora nuclei di persone che usano correntemente i dialetti anche se il loro numero si riduce sempre più. Noi qui in Toscana forse abbiamo una fortuna, la nostra parlata è quella più vicina a quello che dovrebbe essere, secondo gli studiosi, l'Italiano di base, anche se in verità ogni zona ha la sua parlata particolare, anche a distanza di pochi chilometri lo stesso oggetto o concetto si descrive o esprime con parole diverse, ma la base è quella.... però dobbiamo difendere la nostra lingua in tutte le occasioni possibili. Ben venga per esempio l'uso in questo forum (e in altri che frequento) di dover scrivere in Italiano, possibilmente senza usare quelle odiose abbreviazioni da sms, che possono essere utili in quel contesto, ma sono assolutamente fuor di luogo altrove.
Giacomo - free climber modellista, attore, motociclista ecc ecc...

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roy67
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#5 Messaggio da roy67 »

Come non essere d'accordo con quanto già espresso. In tutto questo però c'è una decina di problemi di base.
Il dialetto cambia già in 5 Km di distanza. Prendendo ad esempio il termine "molto", partendo dal confine ovest della provincia di Parma, con la provincia di Piacenza, si dice "A bòta", a Parma città si dice "Bombè", al confine con la provincia di Reggio Emilia si dice "Di mondi"... Abbiamo percorso "solo" 30 Km.

Ora, a scuola, ove vi sono studenti provenienti da ogni dove (per svariati motivi le loro famiglie si sono trasferite), quale dialetto gli insegnamo? :wink:

Io ho imparato il dialetto in casa. Ancor oggi, con mio padre, parlo correntemente in dialetto. Ma non lo faccio con altri. Chi mi capirebbe?
Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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centu
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#6 Messaggio da centu »

anche da me è così....cambia direi quasi da paese a paese.
di sicuro qui il dialetto si è perso e parecchio..di ragazzi che lo parlano correntemente ne conosco pochissimi.
io stesso lo capisco benissimo ma lo parlo poco e male.
a militare invece, 13 anni fa, ricordo ragazzi veneti, bresciani e bergamaschi parlarlo di brutto quando si trovavano tra loro.
(intendo veneti tra loro e Bergamaschi/bresciani tra loro)
idem i ragazzi del sud che c'erano in caserma..pugliesi, siciliani ecc
forse in alcune regioni l'uso del dialetto è rimasto più radicato mentre in altre zone è sparito, vuoi per l'arrivo prima di migranti interni e poi di migranti dall'estero.
insegnarlo a scuola anche a me pare una "boiata" in quanto, come si diceva sopra, in molti casi varia e di molto, da paese a paese.
ciao
Alessio

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roy67
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#7 Messaggio da roy67 »

A tutto aggiungerei anche un fatto.
Fino a 10 anni fa (ma succede ancora oggi), l'esprimersi in dialetto, era considerato maleducazione, mancanza di rispetto, una sorta di volgarità nei confronti dell'interlocutore. Si considerava ed "etichettava" quindi "persona ignorante" chiunque si esprimesse in dialetto.
Quello che mi fa ridere, è che le stesse persone che anni fa divulgavano tali credenze, oggi si meraviglino se i dialetti sono diventati lingue morte.
Si osanna la canzone napoletana, riconosciuta in tutto il mondo, ma si denigra qualsiasi altra canzone in altri dialetti.

E' vero che ormai le nostre città sono formate da persone che provengono dalle più lontane e sconosciute località. Se ognuno parlasse il proprio dialetto diverrebbero (le città) delle gigantesce torri di Babele.

Tutto questo mi fa tornare alla mente un fatto accadutomi un paio d'anni fa.

Ero con mia moglie al centro commerciale, parlottando del più e del meno, mi scappò un esclamazione in dialetto.
Un signore li vicino, sentendomi, si avvicinò e, in dialetto parmigiano stretto, con tanto di "erre" pronunciata in gola (tipica del vero parmigiano del "sasso"), mi disse:

- << Sa dove sono finiti tutti i veri parmigiani?>> (detti in dialetto - Pramzànö - "parmigianoni")
- No!>> Risposi, sorridendo.
- << A là Vilèta>> (Alla Villetta - cimitero principale di Parma) Disse e proseguì <<Non ha idea di che piacere mi ha fatto sentire parlare ancora il parmigiano. Erano anni che non lo sentivo più parlare fuori da casa mia>>.

Ovviamente l'incontro finì davanti ad un buon bicchiere di lambrusco... :cool:
Ciao. Roberto Alinovi - L'uomo non teme ciò che in lui non c'è. (Hermann Hesse)

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Gigi
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Re: Dialetto al giorno d'oggi

#8 Messaggio da Gigi »

cararci ha scritto:

Marione (mai nome fu più adatto, ne ho avuta conferma conoscendolo con vero piacere a Bologna) ancora una volta ci ha fornito un ampio spunto di riflessione.
La citazione di Cerami è quanto mai utile per inquadrare il tema del recupero o della perdita dei dialetti. È vero, il dialetto si può considerare una "lingua" morta, se lo si considera il veicolo di una cultura del passato ed è patetico volerlo rinverdire e salvare facendone materia di studio obbligatorio o insistendo nel volerlo preservare dalle lingue ufficiali. L'unico modo per la conservazione dei dialetti sarebbe stata la conservazione dei modi di vivere che li hanno generati. Ma chi sarebbe disposto a tornare alle culture materiali e dunque alla vita del mondo contadino? Così, i dialetti sono andati trasformandosi, assimilando i modi della lingua ufficiale, allo stesso modo della lingua ufficiale che, più o meno velocemente, cede all'invasione di altre lingue.
Certo, il cedimento non dovunque è cieco e rapido come in Italia: basta far caso a come in Francia, per fare un esempio, sono chiamati con termini francesi anche elementi del vivere comune che pur vengono dalle culture anglosassoni; in Italia usiamo la parola inglese computer, in Francia ordinateur. Nel nostro paese, quello che altrove è un equilibrato uso di termini stranieri diventa invece una corsa idiota all'imitazione linguistica.
Non siamo disposti a preservare ragionevolmente la nostra lingua, figuriamoci i dialetti!
Le prostitute diventano escort, le residenze resort, la scansione temporale timing, ecc., ecc.
Mi piacerebbe che sia per i dialetti nei confronti dell'italiano, sia per l'italiano nei confronti dell'inglese ci fosse un atteggiamento di rispetto ed il rifiuto a farsi supinamente colonizzare.



Quoto tutto cio' che hai detto. Siamo italiani e la nostra lingua e' l'italiano e non un misto di altre lingue.
Luigi Bocchiardo

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