Un plastico ferroviario in scala Z.
Si tratta della scala più piccola in commercio e fu introdotta nel 1972 dalla casa tedesca Märklin.
La lettera Z era stata scelta pensando che, nel futuro, non fosse possibile realizzare modelli commerciali più piccoli della Z.
Ha avuto grande diffusione nei paesi di area germanica e negli Stati Uniti, mentre in Italia non ha riscosso il successo che si merita,
raccogliendo solo alcune centinaia di appassionati.
La verità è che, essendo il materiale di questa scala molto piccolo, si possono costruire diorami completi in poco spazio, e persino nelle valigie.
A causa delle dimensioni ridotte, del peso ridotto delle locomotive, a volte sorgono problemi con i meccanismi delicati delle locomotive, in
particolare la presenza di polveri e sporcizia sui binari che possono impedire la trasmissione di energia tra la ruota e rotaia.
Una manutenzione accurata e corretta è necessaria per un funzionamento privo di problemi.
Il sistema di alimentazione è a due conduttori in corrente continua, alla tensione di 10 Volt.
In questa pagina potrete seguire l’evolversi del "restiling" di questo plastico che giaceva (purtroppo) da anni in una cantina…
Grazie ai molteplici "sezionamenti" ci sarà la possibilità di far circolare diversi convogli e due semafori consentiranno l'alternarsi di due
treni sulla linea esterna.
L'epoca di ambientazione del plastico è a cavallo tra la II e la III.
Ecco lo schema del tracciato con i codici dei binari: in rosso i sei sezionamenti, in blu gli otto sganciavagoni, in verde i deviatoi ed in
giallo i due segnali luminosi.
la STAZIONE PRINCIPALE
Uno in particolare è quello dove verrà posizionata la rimessa loco che viene sostituito e sezionato.
Come si può notare, sono state rimosse le antiestetiche prese di corrente (sezionate con un Dremmel) ed eseguite le saldature a stagno.
In una fase successiva viene eseguito l'invecchiamento delle rotaie con colore a tempera "terra d'ombra bruciata".
Le prime due a destra comandano i sezionamenti, le altre quattro i deviatoi, gli sganciavagoni e i due semafori.
Successivamente verranno aggiunte quelle per comandare le luci di edifici e strade.
Inseriti anche i due semafori ad ala sulla linea principale.
Sulla destra i mammuth per collegare i due trasformatori (T1 e T2) e l'uscita per la corrente alternata (pulsantiere, semafori, illuminazione).
In rosso i sezionamenti, in verde i deviatoi, in blu gli sganciatori ed in arancione i due semafori.
Mancano ancora gli interruttori per le luci.
Nelle foto sotto, due ingrandimenti con maggiore dettaglio.
Nel caso di una motrice di media lunghezza che transita ad alta velocità, questa effettua il "salto" e non riesce a fermarsi.
Pertanto uno dei due binari e stato rimosso e sostituito con uno lungo il doppio (foto successiva).
La linea è elettrificata e permette pertanto un movimento di un convoglio "da punto a punto".
Visibile il binario morto nascosto in galleria e la futura salita che condurrà nella zona alta.
Nella foto un'ipotesi della futura zona montuosa con i primi edifici non ancora fissati.
Sulla destra sono stati posati i microscopici lampioni (funzionanti) che arricchiranno la piazzetta della futura chiesa.
Il livello di rifinitura, reso possibile dalle dimensioni contenute, è paragonabile a quello di un diorama.
Le rocce, realizzate con polistirolo rivestito con carta igienica, sono state colorate con tre differenti tonalità acriliche: grigio, terra
d'ombra ed infine bianco a "punta secca".
Ecco una foto della parte "meno nobile": centinaia di metri di fili di vario colore, daranno vita alla futura città di WINTERBACH.
Così infatti si chiamerà la stazione di questa ferrovia in scala 1:220!
I miei treni ancora non si vedono, ma faranno la loro comparsa nella prossima fotostoria.
Intanto qualche scatto che testimonia… l'avanzamento lavori!
Il vialetto che conduce in stazione ed il rifornimento del carbone visto frontalmente e di lato…
Un altro passaggio a livello a due binari conduce invece nella zona residenziale.
La terza foto è scattata dalla parte posteriore del plastico…
Accedi alla fotostoria QUI
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