UN
RACCORDO INDUSTRIALE IN SCALA TT
di Massimo Salvadori |
Perché un
raccordo?
I problemi di noi modellisti li conosciamo, spazi ridottissimi
e budget non sempre all’altezza di quello che vorremmo avere. Ho quindi
provato a tramutare gli aspetti negativi in opportunità…
Un binario di raccordo, specialmente se si dirama verso varie
industrie, riesce ad avere parecchi punti interessanti a proprio favore. A
margine di quello che sto costruendo, mi è quindi venuta voglia di mettere
nero su bianco alcune note, sono sicuro di dire cose risapute, ma ho al tempo
stesso la speranza di invogliare qualcuno a fare qualcosa .
Innanzitutto le dimensioni, specialmente se i fabbricati
servono solo da sfondo, possono essere veramente contenute. Con un impegno di
spazio di cm150 x cm50, già si riesce a fare qualcosa di interessante.
Consideriamo poi che la mancanza di profondità di un diorama diventa un
fattore positivo per i fabbricati, infatti gli edifici si possono tagliare per
il lungo e quindi raddoppiarne le dimensioni.
Inoltre la presenza di varie
industrie, diversificate per tipo di attività, consente di impiegare tutti i
tipi di vagoni che possediamo. Per esempio l’immancabile deposito carburanti o
combustibili, un elemento che assolutamente non può mancare, tutti noi infatti
possediamo vagoni cisterna. Un altro tipo di vagone che non manca quasi mai, è
il tipo refrigerato, ecco dunque che una fabbrica di alimentari o di
lavorazioni alimentari è funzionale per un impiego verosimile dei nostri
vagoni frigoriferi.
Lustratevi gli occhi con questi... naturalmente in rigorosa
scala 1:120 (produzione TILLIG TT BAHN)
Quasi mai, tranne che negli impianti industriali grandissimi,
le industrie ricevono treni completi, spesso si tratta al più di convogli di
una mezza dozzina di vagoni, giusto quello che occorre per i nostri scopi.
Inoltre nei raccordi il segnalamento è quasi sempre assente, al massimo
occorre un semaforo a protezione dell’ingresso in stazione. La mancanza di
segnalamento, oltre a semplificare i cablaggi, evita l’acquisto di pezzi
costosi. Non manca però il segnalamento basso (quello cosiddetto “di manovra”)
come sono sempre presenti le tabelle con l’indicazione della velocità massima
di linea o le tabelle che ricordano l’obbligo di fischiare.

Sulla rete FS sono delle lettere F bianche su sfondo nero,
sulle reti tedesche invece c’è una P che è l’iniziale di “pfiff” (fischio).
Un’altra cosa degna di menzione è che i fabbricati degli impianti industriali
hanno attraversato tranquillamente i secoli con pochissime modifiche, pertanto
possiamo usare vagoni di epoche recenti con fabbricati dall’architettura
decisamente vecchia. Anche l’illuminazione delle industrie ci viene incontro;
lampade ad illuminare i raccordi se ne vedono poche … insomma i motivi per
apprezzare un raccordo non mancano.
Stavo per dimenticare le locomotive. Ovviamente le loco a
vapore, specialmente le locotender a tre assi, l’hanno fatta da padrona fino
agli anni ’50, poi è stato il momento delle diesel. Le loco a batteria – non
infrequenti nei piccolissimi raccordi – sono anch’esse adattissime. Per farla
breve, il mercato ci mette a disposizione una grande quantità di macchine
piccole e piccolissime.
Guardate
un pò qua...
(produzione TILLIG TT BAHN)
Per quanto riguarda l’armamento, bisogna considerare che sui
raccordi le rotaie sono decisamente più basse rispetto a quelle usate in piena
linea, per la scala TT sarebbero indicate rotaie in codice 70 al posto delle
usatissime codice 83, anche se un poco più difficili da trovare; in ogni caso
i segmenti di rotaia sono perfetti, sui raccordi infatti non sono mai posate
lunghe rotaie saldate, inoltre gli scambi hanno raggi di curvatura ristretti e
gli aghi sono del tipo incernierato anziché elastico, inoltre le curve sono
quasi sempre prive di raccordi di imbocco parabolici.
Quello che abbiamo nel
cassetto è dunque perfetto per i nostri bisogni.
La massicciata – croce e
delizia di ogni modellista – deve essere fine, finissima, bassa, mal posata (esattamente come riesco a stenderla io) perché anche nella realtà gli
spessori della massicciata sono ridotti, viene raramente sostituita e i
ciottoli si intasano di terra e rifiuti vari, il tutto sporco all’
inverosimile di grasso o dei residui dei materiali trasportati.
Ho provato ad usare massicciata adatta alla scala N per il mio
raccordo in TT, deciderete voi se il risultato appaga l’occhio…
Due parole sulla gestione del raccordo. Nella maggioranza dei
casi i raccordi ricevono i vagoni direttamente dalle Ferrovie, che con la
locomotiva del treno, oppure con la macchina da manovra che staziona
permanentemente nella stazione più vicina, provvedono alla presa e consegna
dei vagoni. Questo è quanto avviene nel caso più semplice, uno o due binari
che si staccano dal binario principale e si inoltrano all’interno
dell’industria.
Le cose si fanno un pochino più complesse quando all’interno
dell’industria raccordata i binari sono numerosi, o comunque c’è la necessità
di muovere i vagoni all’interno dell’area industriale. In questo caso è
normale che l’industria si compri una piccola locomotiva da manovra per
spostare i vagoni secondo le proprie necessità.
In questo caso la locomotiva delle ferrovie si limita a portare
i vagoni fino al cancello, oppure nell’apposito binario di scarto, e ci
penserà poi la loco dell’industria a trainare all’interno i vagoni.
Il caso più complesso si verifica, invece, quando vi sono più
industrie collegate.
In questo caso non è infrequente che vi sia un’apposita società
che gestisce la movimentazione dei vagoni e il mantenimento del binario, con
proprie locomotive, personale e officina riparazioni. In Germania la Ferrovia
del Porto di Amburgo possiede circa 300 Km di binario, stazioni, locomotive e
quanto altro occorre ad una grande ferrovia. Se il modellista – come usano
spesso i modellisti statunitensi - vuole poi inventarsi il nome della propria
società ferroviaria, non ha che l’imbarazzo della scelta: Nordsee Industrie
Bahn Gmbh vi piace? Oppure Società Italiana Raccordi Ferroviari Srl? Quale
nome fa più al caso vostro? Il divertimento è assicurato prima ancora di
muovere una locomotiva!
Tutto ciò premesso non ci resta che cominciare.
Per prima cosa si parte con la costruzione del piano di legno,
anzi, è meglio se il piano di legno non è tanto… piano, perché, come nella
realtà, vi sono sempre delle piccole differenze di quota, e riprodurle in
scala 1:120 significa aggiungere quel pizzico di realismo che a me piace
tantissimo.
Un raccordo industriale in scala 1:120.
Come avete visto, i raccordi industriali mi hanno sempre
affascinato, con quel tanto di trasandato, binari che sembrano messi a
casaccio e la commistione fra traffico stradale e ferroviario. Insomma un
certo non so che, mi ha indotto a provare a riprodurre una di queste
ambientazioni.
Il periodo storico potrebbe essere l’epoca IV, intorno agli
anni ’60, in una zona imprecisata del Nord della Germania, vicino al Baltico,
in modo da potere utilizzare senza troppi compromessi sia veicoli moderni che
veicoli più datati.
Detto fatto, come sempre la partenza è il lavoro da falegname,
una base di compensato di pioppo, irrigidita da una serie di listelli, che
hanno la funzione sia di irrobustire il tutto, che di consentire
l’installazione sottoplancia dei motori degli scambi e degli indispensabili
cablaggi elettrici.
L’idea è molto semplice, un binario di accesso, rettilineo, che
porta a un primo edificio, uno scambio porta ad un secondo e ad una asta di
manovra, un altro scambio, in regresso, conduce ad un deposito di una ditta di
lavorazioni metalliche.

Ho di proposito voluto evitare la piattezza che si
trova spesso nei diorami e plastici in genere, sia pure mantenendo le livellette entro il 20 per mille. Il binario che conduce sia all’asta di
manovra che quello che porta alla ditta di carpenterie metalliche sono in
leggera salita, in modo da dare, come nella realtà, quelle piccole differenze
di quota che ritengo estremamente realistiche.
Il diorama non è ancora
terminato (anzi!) che già l’amico Andrea mi ha fatto venire voglia di ampliarlo, penso
quindi che realizzerò un secondo elemento.
Questo comprenderà una grande curva
e un binario di raccordo per un ditta di oli combustibili, mi piace vedere il
traffico di cisterne su un plastico. Il sistema di comando è il classico
digitale, per la precisione il Roco Multimaus di seconda generazione, che ho
trovato semplice da utilizzare e comodo grazie al comando da tenere in mano.
Anche gli scambi sono digitalizzati, poiché un posto di comando avrebbe
costituito un elemento fragile e soggetto a guasti; non dimentichiamo che si
tratta di diorami che sono realizzati per essere trasportati con una certa
facilità. Il segnalamento sui binari di raccordo, “industriebahn” o
“anschlussgleise” secondo la terminologia delle ferrovie tedesche, di solito
non è necessario, ed è meglio così, si risparmia sui cablaggi e sulla spesa,
un unico segnale è posto alla fine del binario curvo prima di entrare in
stazione, e conformemente alla pratica tedesca ho inserito un semaforo con
doppia ala, che quando è disposto a via libera, significa avanzare con v. max
di 40 Km/h .
Le ditte del raccordo industriale.
Un primo fabbricato è
questo, in muratura, stile primi anni del '900, classica costruzione
industriale di tipo tedesco, in mattoni, di colore piuttosto scuro. La
grossa porta a due battenti sul lato corto fa pensare a una rimessa per
locomotive, ma non è così. Il modello proviene da una scatola di montaggio
della ditta Ahuagen, è in plastica, le giunzioni sono piuttosto precise
comunque occorre sempre una piccola stuccatura.
La pitturazione del modello deve avvenire prima del montaggio dei singoli
pezzi che lo compongono, come colori ho usato quelli acrilici. Una cosa che
i modellisti esperti fanno sempre - e che per me non era affatto scontata –
è di lavare accuratamente, con acqua e sapone liquido per piatti, i pezzi
prima della verniciatura; questa operazione ha lo scopo di eliminare le
tracce di silicone che sono contenute negli stampi e che servono per il
distacco del pezzo dallo stampo. Il silicone – essendo untuoso – impedisce
alle pitture di aderire alla plastica, rimuoverlo è quindi fondamentale. Nel
diorama, questo edificio, con il piccolo capanno annesso, costituisce il
primo nucleo della ditta Fratelli Bochmann , costruzioni metalliche e
commercio di manufatti ferrosi, va da sé che nel corso degli anni l’azienda
si è ingrandita, ma questo è il nucleo originale.
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Il secondo fabbricato è
decisamente di stile più moderno, è una scatola di montaggio della Busch,
interessante il fatto che sia in cartone pressato. Per irrigidire il tutto,
come nella realtà, vi è una serie di capriate che sostengono il tetto e
irrigidiscono la struttura, così che anche le mie mani la possano maneggiare
senza pericoli. Il montaggio non mi è riuscito perfetto come avrei voluto,
qualche giunzione è rimasta aperta, allora ho abbondantemente stuccato la
zoccolatura con stucco per muri, stuccatura che viene eseguita a spatola e
poi rifinita con passate di carta vetrata finissima. Il colore di base della
scatola di montaggio del capannone è un bel grigino chiaro, prima
dell’assemblaggio sarà anch'essa comunque riverniciata in colori più scuri.
Ai Fratelli Bochmann i colori troppo chiari sembravano non abbastanza seri
per una famiglia di fabbri quali erano...
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Ultimo
fabbricato è una baracchetta per deposito di attrezzi o altro, una tipologia
edilizia comunissima in tutto il mondo, non poteva quindi mancare nella ditta
dei Fratelli Bochmann.
Data
la forma del tetto, sarà posizionata a ridosso del muro di cinta ed è
anch'essa verniciata con colori scuri. |