ROKAL, storia di uomini e di industria
(di Massimo
Salvadori).
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GLI INIZI DELLA SCALA TT
Nel
1945, in Germania, all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, per
milioni di tedeschi si poneva l’assoluto imperativo di trovare un lavoro e un
reddito che soddisfacente in una nazione distrutta economicamente e moralmente. Eugen Engelhardt, era uno di questi. In più però aveva in testa un’idea:
costruire una ferrovia elettrica in miniatura. Poteva sembrare il momento meno
adatto, tuttavia egli era certo che di lì a pochi anni il mercato dei beni di
consumo sarebbe ripreso con il vigore di anteguerra. Eugen Engelhardt era un
perito elettrotecnico, conosceva l’elettromeccanica e le tecnologie della
lavorazione dei metalli, l’idea che gli ronzava in testa era seducente ed era
sicuro che se avesse potuto svilupparla avrebbe concretizzato una sua
aspirazione e raggiunto il benessere per sè e per la propria famiglia.
Si mise all’opera, assumendo come prototipo una locomotiva americana carenata,
la "Commodore Vanderbilt", schizzò un progetto di locomotiva giocattolo che
vagamente assomigliava al prototipo e la chiamò Baby 1001. Questa loco – non ci
sentiamo di chiamarla modello - era mossa da un motore elettrico a corrente
alternata come i più blasonati treni elettrici del momento i Marklin e Trix. Per
la scala pensò a qualcosa di decisamente più piccolo della scala 00/H0 che
allora era la scala di riferimento, lo scartamento era di circa 12 mm; credo che
la scala 1:120 sia stata adottata da Engelhardt casualmente, senza sapere che
negli Stati Uniti, in quegli anni, Harold Joice aveva inventato la scala TT, con
rapporto di riduzione 1:120. Anzi nei primi anni di produzione era indicato il
rapporto di riduzione 1:125, solo in seguito venne aumentato al canonico 1:120.
Ma torniamo al signor Engelhardt, adesso che il progetto era pronto, si trattava
di costruire il primo esemplare. Per il mantello della locomotiva fu utilizzato
del lamierino ricavato da latte di conserve alimentari, le bacchette delle tende
di casa fecero la funzione di rotaie, l’alimentazione era fornita dal
trasformatore del campanello di casa, che peraltro erogava 8 Volt. Engelhardt
stava ancora progettando il primo esemplare quando seppe che nella zona della
Germania occupata dalle truppe Inglesi era stata tolta la restrizione alla
fabbricazione di giocattoli, gli parve un ottimo auspicio per la riuscita del
suo progetto.
Il problema principale per avviare una produzione in serie era di avere la
disponibilità di macchine per la fusione delle leghe di zinco. Parlando di
questo problema con il signor Luepge, un rappresentante di commercio, questi
fece il nome di Robert Karmann, che a Lobberich, nella regione del Basso Reno
vicino al confine Olandese, possedeva una fabbrica di meccanica di precisione
con annessa una piccola fonderia. Si incontrarono all’inizio del 1946.
Engelhardt mostrò il prototipo, lo tolse dalla scatola e lo mise sul piano del
tavolo di Herr Karmann, collegò la spina dell’alimentatore alla presa di
corrente. Funzionava perfettamente. Da quel momento Robert Karmann legò
indissolubilmente il proprio nome a quello delle ferrovie in miniatura.
Robert Karmann era un industriale oculato, desiderava diversificare la propria
produzione, credeva nel prodotto, era disposto a rischiare ma… non troppo. La
produzione ebbe inizio in un locale separato dei propri capannoni, lo stesso
personale che vi si dedicava era numericamente ridottissimo, all’ inizio si
contavano nove persone compreso lo stesso Engelhardt, in compenso non mancavano
di entusiasmo e determinazione. Ed entusiasmo e determinazione ci volevano,
perché doveva essere fatto tutto, i disegni esecutivi come i modelli e gli
attrezzi per le lavorazioni meccaniche, nonché progettare e realizzare le rotaie
e gli accessori.
I
vagoni furono progettati da Engelhardt prendendo appunti al passaggio dei treni
nella vicina stazione di Moenchegladt, contava il numero dei finestrini e la
posizione delle porte e schizzava alla buona il progetto che sarebbe stato
sviluppato poi in ditta. Gli stampi dei vagoni furono pronti nell’estate del
1948, le giornate di lavoro erano anche di 16 ore, ciononostante il cammino da
compiere prima di arrivare al prodotto finito era ancora lungo.
I
binari erano ottenuti da un basamento – e questa era già una novità – di
bakelite (*), la prima produzione di rotaie aveva un assortimento ridottissimo,
era previsto che gli spezzoni di binario di lunghezza inferiore allo standard
fossero ottenute dal modellista tagliando i pezzi più lunghi. Se vogliamo
guardare in dettaglio il primo binario, con la sua massicciata incorporata, era
estremamente simile al binario Marklin serie M se addirittura non vogliamo
paragonarlo all’attuale binario serie C.
(*) La Bakelite è la prima materia plastica sintetica
prodotta industrialmente . Nel 1907 un chimico Olandese , Leonard Baekeland
, facendo reagire fenolo e formaldeide , ottenne un composto termoindurente,
ovvero che una volta fuso assumeva stabilmente la forma che gli veniva data
e non poteva essere modificato se non con un’ ulteriore fusione . La
Bachelite è un prodotto che può essere colorato e verniciato , è durissimo
ma molto fragile , solo dopo la Seconda Guerra Mondiale sono comparse
materie plastiche in grado di sostituirla efficacemente ed economicamente.
Per tutelarsi da concorrenze illecite tutti i principali componenti della
ferrovia furono coperti da brevetto industriale.
Nella tarda estate del 1948, finalmente fu allestita la linea di montaggio e un
gruppo di operaie iniziò le operazioni di assemblaggio dei rotabili e delle
scatole.
La "Little Railway Baby 1001", la creatura di Eugen Engelhardt, doveva essere
pronta per il Natale 1948. Di questo modello, in corrente alternata come il
primo esemplare costruito, ne furono allestite 50 scatole nel 1948 e 100 nel
1949.
Dal tempo intercorso tra l’inizio dei lavori e la consegna delle prime 50
scatole è dunque facile capire quanto coraggio imprenditoriale e capitali abbia
richiesto l’avvio di una produzione industriale di questo genere.
Una
breve descrizione meritano queste scatole, le primissime erano di legno (!!!),
l’alimentazione come detto era in corrente alternata e il treno era composto da
locomotiva, tender, tre vetture a carrelli, trasformatore, circuito di binari e
tre curiosi accessori: un cacciavite, un paio di pinzette (necessarie per lo
sgancio dei vagoni) e un flaconcino di vetro contenente i carboncini di ricambio
per il motore elettrico. La scatola aveva un bellissimo (erano ancora gli anni
’40!) disegno al tratto del treno che vi era contenuto e la foto di un bambino
(il nipotino di Robert Karmann), compariva inoltre la scritta "ROKAL" Klein –
Elektrobahn, ovvero Piccola Ferrovia Elettrica. Il gancio applicato ai veicoli
era del tipo "a bocca di pesce", brutto e poco funzionale, ma in quegli anni
eravamo tutti di bocca buona. La scritta "ROKAL", acronimo di
Robert
Karmann Loebberich, racchiusa in uno scudetto con due ali stilizzate,
era stata ideata da uno studio di Duesseldorf, divenne il marchio più famoso
della scala TT.
I PICCOLI TRENI INIZIANO
A CORRERE...

Qualsiasi prodotto che debba essere venduto deve essere imballato
e contenuto in una scatola. Anche i treni elettrici, o meglio i modelli
ferroviari, non si sottraggono a questa legge del commercio. Talvolta, una
confezione ben riuscita, contribuisce ad attrarre l’interesse dei potenziali
acquirenti, altre volte invece una cattiva confezione ci fa estrarre i nostri
amati modelli con difficoltà o magari a rischio di rovinose, e costose cadute
del modello. Oggi le confezioni sono quasi tutte di alta qualità e atte a
preservare il modello, ma nel dopoguerra, nei fortunosi anni ’40, le cose erano
ben diverse.
Le prime 50 scatole prodotte dalla Rokal contenevano una
locomotiva, la Baby 1001, tre vetture a carrelli, un ovale di binari e il
trasformatore regolatore più gli accessori per la manutenzione. Le scatole erano
in legno (!!!), il coperchio si sfilava su un fianco, scorrendo entro due guide
come un cassetto e sul coperchio era incollata una stampa con un bambino che
guardava ammirato il piccolo treno. E in effetti il titolo riportato era "Rokal
– Klein Elektrobahn" ovvero "Rokal – piccola ferrovia elettrica". Una curiosità: il bambino della foto era il signor Helmuth
Heymanns, nipote di Robert Karmann.
Una
scatola dei primi anni '50, contenente un vagone tipo Essen, ovvero un alte
sponde. Con la sigla G203 è stato uno degli articoli più venduti, prodotto
in 12.000 pezzi dal 1950 al 1960. Le ruote erano realizzate in Trolitul, un
derivato del polistirolo, era dotato di gancio unificato Rokal in fusione di
metallo, e su ogni testata un piccolo pulsante permetteva lo sgancio dagli
altri veicoli.

Due
esempi di scatole: una classica degli anni '60, per accessori e una della
metà degli anni '50, per binari.

Come per ogni industria che si rispetti l’imperativo pressante è
contenere i costi e ben presto dalle scatole di legno si passò a quelle di
cartone pressato.
Questo tipo di
confezione apparve nel 1964, e distinse la produzione più recente. Si notino
i colori accattivanti e la possibilità di esporre il modello senza estrarlo
dalla scatola. Questo modello in particolare, ref. 01020, fu prodotto
in 9.400 pezzi dal 1964 al 1969, anno di cessazione della produzione Rokal.

Questo è
il retro del coperchio della scatola precedente Per evidenti ragioni di
risparmio su questo lato era impressa la sagoma della loco T3, immessa sul
mercato nel 1965 e prodotta in 5.000 pezzi. Lo stesso coperchio si usava
quindi per due loco diverse.

Una
scatola Rokal, la stessa contente la loco gruppo 03, e due sca-tolr fine
anni '60 della ditta Zeuke & Wegwerth di Berlino, contenenti due carri
merce.

Loco
gruppo 03, costruita dal 1953 al 1960 in 6.000 pezzi, con pochissime
varianti. Peso 390 g !! , più di tante realizzazioni in H0 ! Si noti che la
loco è contenuta in una forma di plastica simile alla celluloide, che a sua
volta è contenuta in una scatola classica nei due tipici colori verde e
giallo. Il foglio con le istruzioni per l' uso è ripiegato e infilato sotto
la forma di plastica che contiene la loco.

Poi si dovette pensare alle scatole degli accessori.
Come prevedibile le scatole contenti vagoni e binari dei
primissimi anni di produzione erano quanto di più spartano si possa immaginare,
una scatola di cartone chiusa con punti metallici e con una semplice scritta a
stampa sul lato più corto, quello che sarebbe rimasto in vista sullo scaffale,
eventualmente un’aggiunta stampigliata con un timbro per meglio identificare il
prodotto; all’interno una carta oleata avvolgeva il modello. Considerando anche
la penuria di materie prime del dopoguerra, questa semplicissima confezione
poteva essere sufficiente per il lancio del prodotto, ma già all’inizio degli
anni ’50, le mutate condizioni del mercato richiedevano imballi più
accattivanti. Fu così che comparve la prima scatola in cartoncino colorato, un
semplice accostamento di due colori: un ocra e un verde scuro, la scritta Rokal
ripetuta e la sigla TT; gli appassionati avrebbero quindi legato
indissolubilmente il nome Rokal alla scala TT.
Dunque nei primissimi anni ’50 le scatole erano divenute meno
anonime, a metà degli anni ’50 comparvero anche delle grandi scritte con il
marchio di fabbrica in modo che il Cliente potesse identificare subito il
prodotto anche in mezzo all’agguerritissima concorrenza. Inoltre le scatole
riportavano anche l’immagine del contenuto. Adesso il packaging della Rokal
poteva dirsi adeguato al difficile mercato tedesco, ma il mercato richiedeva
sempre un maggiore impegno e la Rokal non poteva sottrarsi alla sfida.
Scatola in cartoncino degli anni ’60 , il contenuto è un autotreno delle
Ferrovie Tedesche con i colori … FS, una richiesta espressa dall’importatore
di allora, la ditta Cagnoni Giocattoli, con sede in corso Vercelli a Milano,
alla quale non era estraneo Italo Briano, uno dei padri fondatori del
fermodellismo italiano, che credeva molto nella scala 1 :120. Questo
autotreno oggi – se in scatola originale – raggiunge quotazioni di 300 –
350 €, alcune versioni sono state realizzate nel blu scuro delle ferrovie
olandesi o nel classico castano e isabella delle FS con fascia in rosso
segnale.

All’inizio degli anni ’70 la ditta Rowa
subentrò alla ormai fallita Rokal, rilevandone stampi e quant'altro, queste
sono le scatole: semplicissime, in cartoncino leggero ma almeno con una
colorazione moderna e accattivante.

Alla metà degli anni ’60 il packaging Rokal raggiunse il culmine
dell’efficienza e del gusto. Il cartoncino delle scatole riportava i colori
sociali, un abbinamento di giallo chiaro e verde brillante che sarebbe divenuto
rappresentativo della Rokal, mentre un disegno indicava il contenuto e una
stampa sul lato più corto identificava il modello. Le locomotive erano contenute
in una forma di plastica di colore giallo che preservava il modello dagli urti e
consentiva di sfilarlo dalla scatola senza pericolo di danneggiamenti. Il
foglietto con le istruzioni, peraltro estremamente sintetiche, era ripiegato e
infilato sotto la forma di plastica. Un ulteriore affinamento di questo imballo
si avrà negli ultimi anni di vita della Rokal, le scatole contenenti locomotive
sarebbero divenute molto più grosse, quasi a testimoniare la maturità tecnica
del prodotto, le scatole dei mezzi di trazione avrebbero avuto una
particolarità: la locomotiva era inserita all’interno della scatola in una
posizione insolitamente angolata.
Le scatole dei set completi – fondamentali ancora oggi per
acquisire e soprattutto fidelizzare il cliente - avrebbero raggiunto l’apice
della razionalità. Erano presenti sia scatole contenenti il solo materiale
rotabile con il classico ovale di binari, sia scatole contenenti anche trafo e
apparecchio di regolazione della marcia, il tutto in confezioni robuste, belle a
vedersi, dai colori accattivanti e che consentivano ai negozianti di esporre il
prodotto senza doverlo estrarre dalla scatola.
Agli
inizi della scala TT ogni produttore aveva ideato e realizzato un suo
particolare tipo di gancio. Molti erano brutti ed alcuni anche poco
funzionali, uno per tutti il gancio ideato dalla ditta Prazix – Lohmann, una
delle prime aziende produttrici di treni in scala 1:120, grosso e sgraziato.
Fu necessario attendere l’avvio della produzione Rokal per vedere un gancio
modellisticamente accettabile e funzionale, non senza essere passati
attraverso la deludente esperienza del primo gancio Rokal, il cosiddetto "Fischmaul"
ovvero a "bocca di pesce", per fortuna abbandonato poco dopo l’avvio della
produzione industriale.
Non
ho la pretesa di farvi conoscere in dettaglio tutti i tipi di gancio che si
sono succeduti dagli albori della scala ad oggi, un’idea il lettore potrà
farsela osservando le foto dei modelli, c’è di che sbizzarrirsi per forme e
dimensioni.
Esaminando i ganci maggiormente diffusi il primo – come detto – è quello
Rokal, un gancio semplice e funzionale, realizzato con una microfusione di
metallo bianco, presumibilmente Zinco e Magnesio. Una gancio ottimo che non
sfigurerebbe nemmeno al giorno d’oggi, tuttavia costoso da realizzare
industrialmente. Appena le materie plastiche e le tecniche di stampaggio
divennero economicamente interessanti, lo stesso gancio fu replicato
in polistirolo e tale rimase per tutta la durata dell’avventura Rokal nel
mondo della ferrovia.
Dal catalogo Rokal anni ’60.

Una
particolarità dei ganci Rokal è che potevano essere azionati manualmente per
consentire lo sgancio dei veicoli, sul tetto delle vetture passeggeri vi era
un piccolo bottone, su taluni, non tutti, vagoni merci sporgeva una linguetta
dalla cassa, premendola il gancio si alzava e disaccoppiava i veicoli.
Gancio Rokal, in
microfusione di zinco. Si noti la linguetta che
sporge dal vagone e che, abbassata manualmente, aziona lo sgancio del
veicolo.


Gancio tipo Rokal ma di
produzione Röwa.

L’ultima versione del gancio
Rokal, è in plastica.

Parallelamente anche all’Est la ditta Zeuke sviluppò un suo tipo di gancio per
i modelli in scala TT. In lamierino tranciato, molto leggero e dall’aspetto
non particolarmente entusiasmante. E’ stato lo standard dei modelli in TT
prodotti all’Est fino alla fine degli anni ’60 del Novecento.
Gancio Zeuke, di normale
equipaggiamento fino alla confluenza della Zeuke nella BTTB.


Quando la Zeuke confluì nel Kombinat, ovvero VEB Berliner TT Bahnen - Zeuke
(VEB è l’acronimo di Volks Eigener Betrieb ) fu realizzato per tutti i veicoli
un semplice gancio che riprendeva lo stesso concetto del gancio usato per la
scala H0, un anello e un gancio; mentre nella scala H0 il gancio è fisso e l’
anello è mobile, nella scala TT realizzarono il contrario, fisso l’ anello e
mobile il gancio. L’ aspetto era quanto di più sgraziato si potesse
realizzare, troppo grosso per una scala piccola, dall’aspetto massiccio e non
sempre affidabile. Accadeva che, specialmente nei cambi di livelletta del
binario o nel transito sugli scambi, si sganciassero i vagoni. Ricordo che nei
plastici da esposizione degli anni ’90 avevo l’abitudine di mettere un
pezzettino di filo di ferro piegato a U, ricavato da un fermaglio per fogli,
per impedire lo sgancio dei vagoni in piena corsa.
Classico gancio
Berliner TT Bahnen, divenne il gancio standard anche per le produzioni
artigianali.

Questo tipo di gancio, mi sembra verso la metà degli anni ’90, fu migliorato.
Il miglioramento consistette in un accorciamento della lunghezza del gancio e
in un leggero rimpicciolimento dell’anello, tuttavia il miglioramento sia
funzionale che estetico fu marginale.
Alla
fine degli anni ’90 alcune ditte artigianali, approfittando della possibilità
di stampaggio delle materie plastiche, introdussero dei nuovi tipi di gancio,
in plastica, e con un aspetto decisamente più "modellistico".
E’
stato solo all’inizio degli anni 2000 che la Tillig, subentrata alla BBTB,
pone in commercio un gancio di nuovo tipo. Una combinazione di plastica e
metallo con una sottile ancora mobile che si inserisce in una cavità del
gancio fisso. Il nuovo gancio ha molti pregi: un aspetto molto modellistico,
infatti è poco appariscente, due vagoni agganciati hanno le rispettive ancore
mobili che simulano gli accoppiatori flessibili del freno ad aria compressa,
sono normalmente prodotti per essere montati sui portaganci unificati secondo
la norma NEM 602, e anche qualche difettuccio. Se il binario non è
perfettamente posato – e qualche volta i nostri tracciati lo sono, almeno i
miei - si rischia lo sgancio, i pezzi sono molto piccoli e il montaggio non
sempre è agevole, in compenso c’è una grandissima varietà di attacchi, tale da
poter equipaggiare tutti i tipi di rotabili, anche quelli di più vecchia
costruzione.
Gancio di ultima
generazione, brevetto Tillig.
Il
progresso è stato notevole. La ditta Tillig, forte del suo primato nella scala
TT, ha fatto diventare questo gancio la norma per tutte le costruzioni, oggi
anche quelle artigianali escono di fabbrica con questo tipo di gancio.
Una delle
cose che da subito ha posto la Rokal su un piano superiore a quello della
concorrenza è stato il binario. Si possono distinguere quattro tipi di
binario, corrispondenti ad altrettanti momenti importanti dell’ evoluzione
industriale della ditta Rokal.
Il binario di prima generazione, quello
fornito già nelle prime scatole vendute nel 1948, era decisamente più avanzato
rispetto ai coevi binari modellistica. Similmente al binario Märlin aveva
anch’esso una solida base in plastica, più precisamente in bakelite, con
impresse le forme delle traversine. Ma quello che distingueva binario Rokal
dai contemporanei binari della concorrenza era la rotaia, che anziché essere
realizzata con il consueto lamierino d’acciaio ripiegato era in sottile
profilato pieno, ricalcante la classica sezione a fungo. Un notevole passo
avanti rispetto alla concorrenza! La connessione elettrica e meccanica era
assicurata da lamelle che sporgevano dalla testata del binario, un tipo di
connessione assai sicuro e decisamente migliore del tipo a spillo allora
diffuso, una serie di fori consentiva di inserire delle viti passanti che
permettevano l’ ancoraggio dei segmenti al piano del plastico.

Naturalmente il sistema di binari era completo
di scambi, segmenti curvi e diritti, binari di contatto e tutto quello che un
fermodellista degli anni ’50 potesse desiderare. Gli scambi in particolare, forniti sia manuali
che elettrocomandati, erano interessanti, gli aghi erano sottili e separati
tra di loro, avevano un aspetto modellistico da fare invidia a quelli della
scala OO/H0, allora dominante.

Nelle confezioni d’inizio erano inseriti 4
binari curvi angolo 45° e con ø 578 mm, invero un raggio di curvatura assai
ristretto, ma d’altronde il punto di forza del treno TT è sempre stato quello
di poter realizzare una ferrovia su un piano di tavolo.
Il sistema dei binari di 1° generazione era
dunque un prodotto finito, tecnicamente superbo se paragonato a quelli della
concorrenza, ma estremamente costoso, la base di Bakelite era un blocco
pesante che richiedeva una consistente quantità di materiale, gli stessi
profilati, anche se modellisticamente accettabili anche al giorno d’oggi,
erano costosi; mere ragioni economiche decretarono ben presto l’uscita di
scena di questo binario in favore del tipo di 2° generazione,
modellisticamente meno attraente ma più leggero e soprattutto più economico;
la produzione del binario di 1° generazione cessò nel 1956.
Una panoramica dei
vari tipi di binario, da sinistra a destra : il primo tipo, con basamento
in bakelite, il secondo tipo, quello più rappresentativo e il più venduto,
con base in cartone pressato e rotaia in lamierino piegato; il terzo tipo
con base in plastica dura e rotaia in lamierino piegato come il secondo
tipo, il quarto tipo ha la base del terzo tipo con rotaia a profilo pieno
come da norme NEMRA – MOROP.

Ma l’evoluzione del
mercato imponeva un cambiamento e nel 1954 avvenne la svolta, il binario
assunse un aspetto molto più rispondente alla realtà e soprattutto con una
decisa riduzione di costi.
Il binario di 2°
generazione è quello che più ha caratterizzato la produzione Rokal. E’
realizzato in lamierino d’acciaio nichelato e ripiegato, il tutto su una base
costituita da una striscia di cartone impregnato di bitume e pressato. In poco
tempo l’ assortimento di questo tipo di binario raggiunse la completezza; non
solo scambi e incroci, ma anche binari di contatto e di sezionamento e gli
scambi erano offerti sia in versione manuale che in versione elettrificata.
Incrocio e scambio elettromagnetico.

Il funzionamento era in
corrente continua. Quelli elettrici erano dotati di marmotta indicatrice del
percorso. Ovviamente erano disponibili anche sganciavagoni e terminali dotati
di paraurti. La base dei binari era – come detto – in cartone pressato e
imbevuto di bitume, una tecnologia molto simile era stata adottata da
Fleischmann per una serie di binari di tipo economico. Questo tipo di
struttura del binario lo rendeva leggero e contribuiva anche ad abbassare il
rumore dei convogli in transito, inoltre la traversinatura aveva un colore
nero pece che allora ci sembrava molto realistica, questo tipo di binario è
stato quello più venduto e più apprezzato per la economicità, diventando il
binario tipico Rokal.
Elemento
di binario con interruzione e morsetti prendicorrente. Un binario è capovolto per mostrare la base
in cartone pressato e bitumato.

Tuttavia si evidenziò
anche un problema non di poco conto; questo binario aveva il difetto di non
essere stabile nel tempo, variazioni dimensionali dovute all’umidità rendevano
il binario poco stabile e questo, specialmente per gli scambi, era un difetto
grave.
La giunzione dei vari
segmenti era assicurata dal classico spillo, tuttavia in alcune serie
produttive al posto dello spillo era utilizzato un piccolissimo pezzetto di
lamierino ripiegato su se stesso. Il binario di seconda generazione rimase in
produzione fino al 1960.
Nel 1961 questo tipo di
binario fu aggiornato. Era pronta la terza generazione di binari. Le rotaie
erano sempre del tipo in lamierino nichelato e ripiegato, ma la sottostruttura
dei segmenti era realizzata in plastica, con una riproduzione quanto mai
realistica delle traverse. Questo tipo di binario, per il fatto di essere
realizzato in plastica, prese la denominazione di sistema "K", dal tedesco "Kunstoff"
ovvero plastica. La produzione di binario della terza generazione fu di breve
durata, nel 1966 la linea di produzione fu arrestata. Grandi mutamenti
incalzavano.
La concorrenza nel
settore dei treni modello e le sempre più avanzate richieste dei modellisti
erano un importante stimolo alle aziende del settore per migliorare i propri
prodotti.
Le norme tecniche
europee MOROP per la fabbricazione di ferrovie modello – peraltro mutuate
dalle norma americane NEMRA – prescrivevano l’impiego di rotaie a sezione
piena e riproducenti esattamente la classica rotaia a fungo tipo Vignolles.
Rokal si adeguò subito. Nel 1967 fu introdotto il quarto sistema di binario
della storia Rokal.
Utilizzando come
sottostruttura quella della precedente serie K, furono quindi introdotte le
rotaie a sezione piena. Il binario in scala TT aveva raggiunto la sua massima
perfezione tecnica. Purtroppo dopo pochissimo tempo dalla introduzione sul
mercato, nel 1969 la produzione di treni Rokal, e quindi anche dei relativi
binari e accessori, cessò definitivamente.
Si noti che nelle varie
produzioni Rokal non è mai stato compreso lo scambio inglese doppio, solo la
ditta Pilz, mise in commercio – nella serie Standard - uno scambio doppio di
tipo Baeseler, molto simile all’Inglese doppio che conosciamo in Italia.
Esaminiamo un pò da
vicino il binario del secondo tipo.
La produzione era
completa. I segmenti dritti avevano una lunghezza di ben 220 mm, una misura
che rimarrà anche nella produzione Pilz – Tillig fino ai giorni nostri, poi
c’erano mezzi, quarti e misure spezzate per consentire le chiusure dei cerchi.
Il raggio standard di
curvatura è sempre stato di 570 mm misurati sull’asse del binario, un secondo
tipo di binario curvo, con un raggio di curvatura maggiore, 660 mm, era
disponibile per formare un cerchio parallelo al primo.
Potrà sembrare strano ma
non vi erano raggi di curvatura più ampi. In compenso la geometria del sistema
di binari è rimasta immutata attraverso i vari tipi di binario, con evidenti
riflessi positivi per chi aveva già una parte di armamento vecchio tipo.
Gli scambi e gli
spezzoni di controcurva consentivano di stendere due binari paralleli con un
interasse di 44 mm, la misura sufficiente per l’incrocio di due treni.
Loco
diesel 360 DB (della mia collezione) con binario tronco e paraurti.

Binari flessibili non ne
esistevano. Il terminale con paraurti è di due tipi, uno con respingenti in
lega leggera ottenuti per microfusione, uno invece ha respingenti di metallo
ottenuti per lavorazione meccanica, ovvero per tornitura, non saprei dire
quale sia il tipo più vecchio.