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Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

Ferrovie in esercizio e dismesse, stazioni, impianti, segnalamento e infrastrutture.

Moderatori: Fabrizio, MrMassy86

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marioscd
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#51 Messaggio da marioscd »

a me pare che, ancora una volta, si sia voluto trascendere l'argomento di questo thread...
Enzo, cerca di renderti conto, per favore, che qua nessuno sta "parteggiando" per un sistema oppure per l'altro (che assurdità!) ne c'è nessuno che "giustifica" o "condanna" una scelta. Qua stiamo analizzando, con molta documentazione e informazioni, la storia dell'elettrificazione italiana e le motivazioni (giuste o sbagliate che siano) che hanno portato, nel corso degli anni, a determinate scelte.
E' inutile che ti incaponisci "contro" il sistema trifase... la realtà è documentata storicamente e nelle date, fatti ampiamente dibattuti qua. Il sistema trifase aveva moltissimi limiti e tantissime controindicazioni. Molti limiti allora erano già noti MA ai primi del '900 non c'erano molte altre scelte possibili, se si voleva velocemente togliere l'esercizio a vapore dai nuovi tunnel alpini ed appenninici o se si voleva risolvere il problema, immediato, della congestione del porto di Genova. Il sistema monofase partì seriamente 15 anni dopo e quello in continua ancora successivamente (mi riferisco agli esercizi "reali" e non agli esperimenti localizzati).
Non ha senso parlare di vapore francese confrontandolo con le 691... tu stesso hai scritto che in Francia si erano progettate macchine a vapore per lunghe e veloci percorrenze (in terreni sostanzialmente pianeggianti e con una discreta abbondanza di carbone estratto localmente) mentre le 691 erano, giustappunto, in esercizio tra Milano e Venezia su un tratto relativamente breve e altrettanto pianeggiante (ma con scarsità di carbone autoctono e grandi quantità di combustibile acquistato all'estero) mentre il trifase andava espandendosi su tutte le linee acclivi e trafficate dei valichi alpini ed appenninici (grazie alle produzioni idroelettriche), laddove il vapore creava moltissimi problemi mentre il trifase, pur con tutti i suoi limiti, ne risolveva. E' assolutamente ragionevole che in Italia si vedesse una macchina come la 691 come una delle ultime locomotive costruite per un sistema che si valutava essere in abbandono.
Ne ho davvero la scatole piene della diatriba inutile. Posso capire che si possa discutere dell'approccio successivo, ovvero sul fatto che si sia preferito virare poi verso la continua, quando il sistema monofase già dava concrete e determinanti risposte positive. Su questa faccenda sono state scritte migliaia di pagine e si sono versati fiumi di inchiostro... ma, come ho già detto in altro post, bisogna "contestualizzare" le date e le situazioni soci-economico e politiche dei periodi che portano verso determinate scelte a scapito di altre. Oggi è facile dire "sarebbe stato meglio il monofase", allora un po' meno...
Infine (e qui mi vesto dei panni di addetto dello staff del forumTT), caro Enzo ti chiedo di non "personalizzare" i tuoi interventi. Ognuno ha DIRITTO di esprimere le proprie opinioni, giuste o sbagliate che siano, e NESSUNO ha la facoltà di contestarle con attacchi verbali indirizzati ad utenti specifici. Limitati a portare le tue conoscenze, dai le tue spiegazioni, contesta i dati (se sei in grado di presentarne altri) ma il tutto deve avvenire nelle regole di rispetto per chi scrive e per chi legge. Spero che questo sia l'ULTIMO avvertimento...

ciao


Mario Scuderi - C.M.P. Club Modellismo Pavese ...ciò che è piccolo a volte diventa grande...

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max rtvt
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#52 Messaggio da max rtvt »

Allora sono molto interessanti i contributi postati che confermano quanto vi avevo sinteticamente raccontato.... Facciamo un attimo il punto temporale di cosa è accaduto in un arco poi non molto esteso....in Italia....Oggi si usa dire "contestualizziamo" :grin:

Inizi del '900 si prova in Valtellina il sistema trifase di scuola applicativa ungherese ma non si disdegna di provare anche altri sistemi.
( a proposito! ho dimenticato che oltre alle linee a scartamento ridotto,il monofase fu testato su ferrovie secondarie che non erano proprio tanto modeste! Per esempio la ferrovia della valle Brembana che non era da poco per via del notevole traffico merci che produceva. Inaugurata nel 1906 ed elettrificata in monofase a 6000 volt CA 25 Hz .Quindi, questa va aggiunta all'elenco che vi avevo postato e temo che non sia l'unica che ho dimenticato. Tra l'altro la rete delle Ferrovie Vicinali, Roma - Frosinone era sta progettata per essere alimentata in monofase e la palificazione corrispondente per questo sistema, già montata...)
Monofase, corrente continua a media tensione a terza rotaia, sistema ad accomulatori...Del resto nei contributi si è già fatto cenno alla Commissione Nicoli- Grismayer(1897- 99) che voleva fare "luce" su quale sistema fosse più appropriato per la realtà italiana.
Dopo il 1905 e l’esperienza valtellinese, si impone il trifase, seppure solo su alcune linee (importanti) del nord Italia che però, in percentuale sono poca cosa sul totale della rete. Ma già nel 1923, la ferrovia Roma Nettuno che si stava elettrificando in trifase a frequenza industriale, ne viene decisa la sospensione dei lavori(i pali tipo Bates erano già stati eretti) e i locomotori ordinati, dirottati sulla Roma – Tivoli!
Attenzione ! La Roma –Nettuno se fosse stata elettrificata in trifase, avrebbe condizionato anche l’elettrificazione della direttissima Roma -Napoli ! Questo a sud mentre a nord c’era “l’altra direttissima” per la quale si doveva decidere il sistema di elettrificazione.La Roma Tivoli venne attivata in trifase a frequenza industriale solo nel 1928,dopo il successo dell’esperimento in cc sulla Foggia- Benevento (per altro i locomotori trifasi non arrivavano a Termini con obbligo di cambio trazione a vapore. Il bifilare si attestava a Roma S.Lorenzo nel deposito locomotive, utilizzato solo per questo servizio).
Fa un certo effetto,poi, che il "mentore"iniziale del sistema trifase, Kandò, già gli volta le spalle per il sistema monofase che andrà a sviluppare in Austria e in Ungheria proposto da lui anche in Italia con le E471.
Da notare che sempre in quegli anni "muore pure il vapore perchè nel 1928 le FS ordineranno quello che sarà l'ultimo modello di locomotiva: Gr 744 Quindi tra il '900 e il 1928, si chiudono due concezioni della trazione ferroviaria del nostro Paese e se ne apre una terza che durerà fino ai nostri giorni! Sul sistema monofase di cui abbiamo già visto le “criticità” evidenti in quel periodo storico, occorre ricordare che effettivamente venne proposto dalla CEMSA (Celebre azienda di proprietà dell’Ing. Romeo, il cui consulente progettista era lo stesso Kandò) per le elettrificazioni di Anzio e Tivoli ma che trovò la ferma opposizione delle Fs che temevano , non senza ragione,( ma qui la cosa fu pretestuosa), le interferenze elettromagnetiche alle linee telegrafiche e telefoniche che correvano parallele alla ferrovia( questo problema esisteva ,ovviamente, anche col trifase)Infine dietro a tutti questi sistemi, si celavano motivazioni di costo economico che non erano indifferenti: il monofase e il trifase erano coperti da brevetti! Il sistema a corrente continua pure, ma la le nostre Fs,avevano sviluppato” velocemente in casa” apparati di trazione che aggiravano questo problema . Per il trifase la situazione si era alleggerita ma non sarebbe stato così per il monofase per un bel po’ di anni se fosse stato introdotto….
Tutto sommato lo sviluppo tecnologico del trifase durò meno di trent'anni! Eppure Il motore trifase ad induzione era avanti nel tempo almeno di sessant'anni! :grin:
Noi italiani, senza dubbio per evidente necessità ,poi per intrecci politico economici e forse con relativa consapevolezza, producemmo il risultato di collocarci tra le nazioni europee più moderne nell'applicazione di queste tecnologie e questo è vero per tutti gli anni trenta e almeno i primi anni quaranta che videro la nascita delle articolate E636 senza dimenticare gli Etr 200. Poi l'innovazione tecnologica, si ripresentò con l'Etr 401 dopo il riuscito progetto delle E444.
Il passaggio all'elettronica di potenza e nuovamente al trifase,( questo odierno connubio tra cc e ca)invece viene da più lontano ( DB 120 :wink: ) E adesso permettetemi alcune "cosette":

1) Della attitudine "relativa" dei materiali isolanti alle correnti continue elevate intorno ai 3000 volt, agli inizi del '900, vi avevo già fatto cenno e credevo che tutti avessero letto :? Forse è colpa mia se qualcuno ha “enfatizzato” questo problema: spiego meglio.

2) La bachelite che se non lo sappiamo è una resina (Leo Baekeland) venne scoperta già nel 1907 e nel 1920, era di uso comune come erano di uso comune , già conosciuti e utilizzati tutti gli altri materiali dielettrici che normalmente si usavano e si usano, in parte anche oggi, nei bendaggi dei motori e le resine impregnanti.

3) I collettori erano isolati in micanite, gli avvolgimenti, ossia la piattina di rame nelle cave d’indotto veniva nastrata con nastri di cotone o all’epoca, tessuti con fibre di amianto. E successivamente impregnata con apposite resine, indurite al forno. L’impregnazione in autoclave è una tecnica relativamente recente e serve per evitare la formazione di bolle d’aria all’interno della resina. Questo rende l’isolamento sufficientemente sicuro anche per alte temperature (classe F e H) di indotto e bobine statoriche. La bachelite che era anche in tela ma più che altro la si usava come nastro isolante ,assieme ai tubetti sterlingati, più che nei motori , si utilizzava quale isolante fuori da questi per gli altri apparati di trazione(cavi,contattori, bobine, interruttori principali, extrarapidi e quale supporto per realizzare pannelli elettrici o fogli isolanti di vario spessore e vernici) In ogni caso , le deficienze d’isolamento di questi di materiali, erano stati ampiamenti superati, già prima del 1920, con nuove tecniche applicative e opportuno dimensionamento elettromeccanico dei componenti ( ricordo le legature degli indotti in cc con fili di acciaio armonico che nei primi E626 si rompevano anche a causa dei fuorigiri delle sale )quindi non erano più questi i veri problemi quando si cominciò a pensare di alimentarli con i 3000 volt.

4) Erano altri e come abbiamo visto riguardavano le lamelle dei collettori( commutazione dei poli) al passaggio delle spazzole, cosa poi risolta con i poli ausiliari

( qui c'è un link interessante che in parte chiarisce il concetto:


www.diegm.uniud.it/petrella/.../3_2%20Lezioni%208-9.pdf)


E la protezione del circuito di trazione alle sovracorrenti! Questo era un problema forse più grande di quello dello sfavillio dei collettori!
All'epoca gli interruttori principali tanto sensibili ma sopra tutto, tanto veloci da aprirsi sotto carico e spezzare l'arco non esistevano! Anche nel trifase si aveva questo problema che ,spesso era fonte di incidenti mortali perchè questi era in olio, collocato, in molti casi vicino o dentro la cabina di guida.
Con la cc il problema non solo c'era ma era , forse, ancora più pressante!( a causa dell'intensità della corrente e non subito se ne comprese la natura del fenomeno e come padroneggiarlo) Vi mostrerò con foto, alcuni esempi di questi interruttori costruiti nei primi anni venti ed esempi odierni di moderni extrarapidi( gli IP non lo erano).
Analogo problema riguardava, anche ,i contattori ( ad azionamento meccanico/ pneumatico/elettromagnetico)che dovevano avere non solo velocità di apertura ma bobine magnetiche di soffio dell'arco efficienti.

5) I primi motori applicati al materiale rotabile della ferrovia della Valtellina, erano, infatti, “piccoli” e applicati ai carrelli! Elettromotrici E1(ricordate?) e locomotori E 34 R.A.(Se volete su questo interessante materiale posso ritornare per le caratteristiche elettromeccaniche )per non parlare delle elettromotrici sperimentali Siemens & Halske che nel 1903(!) una di queste superò i 206 Km/h e l’altra AEG i 210,02 Km/h….Il fatto che la scuola ungherese i locomotori li equipaggiasse con due soli motori e di grosse dimensioni fu una scelta di Kandò! Una scelta giusta dal suo punto di vista che privilegiava la trasmissione a bielle ( e non mi voglio ripetere) Visto che ne riparliamo, dico che esisteva anche un altro motivo : i motori ad induzione richiedono una fine centratura dell’indotto in modo di avere un traferro il più ridotto possibile. Kandò che era anche un Ing.re meccanico aveva brevettato più di un dispositivo per questo scopo ed è chiaro che la verifica manutentiva del centraggio sarebbe stata assai più agevole per motori che stavano “sopra” il carro piuttosto che in mezzo! Le macchine di Kandò erano fatte per essere manutentate dall’alto e questa disposizione che vediamo magistralmente interpretata sull’ E333 avrà discendenza sulle locomotive diesel moderne …In ogni caso diametro piccolo /grande dei motori(tanto meno in quelli trifase che nell’indotto non hanno rame)non ha alcun effetto sulla qualità e la tenuta dell’isolamento!

6) L’isolamento deve avere due attitudini fondamentali: la resistenza (semplifico) alle scariche perforanti, l’attitudine a resistere al calore che si genera per effetto dell’intensità di corrente .
La maggiore dimensione aumentava la resistenza allo spunto per effetto della maggiore massa, questo a prescindere dal carico applicato all’albero dell’indotto. Maggiore massa ,maggiore necessità di coppia, maggiore corrente assorbita, maggiore calore… Poi, guardate, questi argomenti se volete li approfondiamo in mille modi con documenti, foto, formule……


In conclusione:

a mio giudizio i tecnici Fs scelsero giustamente il trifase all’inizio del secolo perché l’intenzione non era la soppressione del vapore ( che in quegli anni era in fase di rinnovo con l’applicazione dei surriscaldatori)ma la soluzione ideale per la trazione alle linee di valico e al traffico merci che queste supportavano. Non pensavano all’alta velocità al contrario, preziosa era la marcia magari lenta ma costante dei locomotori in ascesa e il recupero di energia in discesa.
Agli albori della Prima Guerra Mondiale il costo del carbone era ancora sostenibile. Col trifase l’energia era trasportabile su grandi distanze riducendo i costi di costruzione delle SSE e le apparecchiature di conversione , I motori economici , le altre apparecchiature pure semplici ed essenziali( kandò ci mise del suo con i sistemi automatici di controllo che Bianchi fece rimuovere).
Il Monofase avrebbe soppiantato il trifase se non avesse fatto temere alle FS di avere i difetti del primo e quelli del sistema a cc . Ma almeno, quello a cc era più flessibile e avrebbe sviluppato egregiamente quel trasporto viaggiatori che premeva alle porte di un mondo diverso…..

Massimiliano Marchetti
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#53 Messaggio da max rtvt »

Qui per chi vuole approfondire sulle resine impregnati e le caratteristiche dielettriche si veda questo link:

https://books.google.it/books?id=V9GvpR ... =it&sa=X&v

Max RTVT
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#54 Messaggio da max rtvt »

A margine della discussione riporto alcuni passi pubblicati negli anni venti su una rivista tecnica del settore circa la ferrovia Sangritana di cui se ne decideva il sistema di elettrificazione: (Nota . La ferrovia Sangritana venne realizzata a scartamento ridotto e inizialmente esercitata con trazione a vapore, tuttavia già nel 1906 se ne decise l'elettrificazione che per varie cause, tra cui la Prima Guerra Mondiale, non potè essere iniziata prima del 1923 e conclusa già nel 1924 col filo di contatto esteso per ben 150 Km)

" Il sistema di trazione adottato è quello a corrente continua a 2600 misurata alle sbarre collettrici delle sottostazioni, sicchè, tenendo conto delle cadute di tensione, si ha una tensione media al filo di contatto di 2400 volt.
Si giunse all'adozione di tale sistema soltanto dopo accurati studi e confronti, specialmente, col sistema primo proposto a corrente alternata monofase col potenziale di 11.000 volt e la frequenza di 16 2/3 periodi.

Il sistema trifase era stato scartato fin da principio sia per la spesa d'impianto assai elevata specialmente nelle stazioni, sia perchè esso non offre quella elasticità d'esercizio che è assolutamente indispensabile per ben corrispondere alle esigenze del servizio in una linea quale la Sangritana che al profilo accidentato unisce la necessità di frequenti fermate. Rispetto al sistema monofase, la soluzione prescelta evidenzia una decisa superiorità poichè il potenziale adottato permette di alimentare l'intera rete della Sangritana con due sole sottostazioni sicchè, la spesa dell'impianto di queste e della linea di contatto viene a scostarsi di poco da quella che sarebbe occorsa per la soluzione con corrente monofase ad 11.000 volt

Per contro si sono raggiunti cospicui vantaggi tecnici particolarmente nella costruzione dei locomotori, in quanto più non occorrono i trasformatori di corrente sui locomotori stessi, che aumentano considerevolmente il peso morto e costituiscono sempre un punto vulnerabile dell'apparecchio.

Si è eliminata altresì la necessità di spostare le linee telefoniche e telegrafiche che è notoriamente indeclinabile con l'adozione del sistema monofase...."

Quanto riportato rende bene i concetti di cui abbiamo discusso ed è interessante anche per un altro aspetto che se vogliamo esula pure dal contesto puramente tecnico: se le Fs, potevano avere interessi più o meno di parte, intorno agli anni venti parteggiando per il trifase, piuttosto che la continua, le società che gestivano la fitta rete delle secondarie italiane che ogni giorno dovevano fare i conti per far quadrare il bilancio,erano meno delle prime sensibili a giochi di potere politico o economico che fosse. Il monofase ebbe in Italia le sue possibilità ma alla fine il sistema a corrente continua bruciò gli altri due quasi sul traguardo se mi passate il paragone sportivo presentandosi sulla "linea" più affidabile e pratico anche se più oneroso nella trasformazione dell'energia e nella sua trasmissione attraverso elettrodotti, sulle lunghe distanze....

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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#55 Messaggio da Fabrizio »

Mi interesserebbe sapere, allo stato attuale delle cose, per i sistemi di alimentazione a 3kV in corrente continua, quali sono i limiti di potenza gestibili dal sistema. Ovvero, per esempio, su una linea a forte traffico, nella situazione attuale della infrastruttura (intesa in senso elettrico, sottostazioni, sezione dei conduttori, distanza fra le sottostazioni ecc), quali sono i limiti di potenza cui devono rientrare i rotabili affinché il sistema non vada in crisi.

Faccio questa domanda perché, sempre più spesso, leggo che molti mezzi di tipo moderno, quando alimentati a 3kVcc, sono sottoposti a delle limitazioni di assorbimento, non solo per il limite di corrente prelevabile dal pantografo, ma anche perché è il sistema di alimentazione in se a non potere gestire oltre certi limiti di potenza. Serve quindi che, ciascun rotabile presente in una zona servita, non assorba oltre certi limiti di potenza.

Per esempio si parlava di realizzare doppie trazioni di treni ETR 400. Ciascun treno ETR 400, alimentato a 3kVcc, assorbe una potenza massima (limitata da software) di 6,9 MW. Una doppia composizione, in fase di massima accelerazione, assorbirebbe quindi 13,8 MW (4600A complessivi, 2300A per pantografo). Una potenza che, secondo alcuni pareri, non è gestibile nello stato attuale di configurazione del sistema di alimentazione 3kVcc (tenendo presente anche che ci sarebbero altri mezzi in circolazione nella stessa area). Servirebbe quindi limitare ulteriormente gli assorbimenti (e quindi anche le prestazioni) qualora si volessero usare questi mezzi in doppia composizione.
Fabrizio

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max rtvt
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#56 Messaggio da max rtvt »

E' mia personale opinione( e come tale controvertibile:ci mancherebbe altro) che il problema con intensità di corrente tanto alte sia strutturale e delle superfici a contatto! Con potenze di oltre i 10 Mv di quanto dovrebbe essere la sezione del filo di contatto? Un filo ,due fili,3 fili? E quanto pesa alla mensola e al palo? Lo stesso per i pantografi e gli striscianti che al delicato equilibrio tra impatto aereodinamico, conducibilità di corrente, spinta servoimpressa e compensazione dei moti oscillatori al movimento del treno ad alta velocità,debbono garantire una vita media dei componenti ,almeno accettabile!

Ovviamente, tutto questo riguarda anche le SSE che oltre a garantire una potenza adeguata ,debbono essere ancora più ravvicinate per compensare l'effetto joule e avere IR di protezione non solo veloci ma dimensionati con bobine rompiarco particolarmente efficaci e quindi voluminose.

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Questo è un moderno IR normalmente montato su locomotori in cc reostatici e che come si vede è una bella "bestia"di peso e dimensione:figuriamoci per quanto occorre in una SSE per "proteggere" potenze erogabili con tanto di sovraccarichi, di tale livello.... Un problema non da poco che ha prodotto lo sfasciamento di "enne"pantografi è il surriscaldamento del filo di contatto allo spunto che alla lunga provoca l'allentamento della catenaria e la sua caduta.....Insomma quando le potenze in gioco sono così rilevanti il passaggio alla CA è inevitabile, almeno con gli assorbimenti oggi richiesti.....

Max RTVT
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claudio_62
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#57 Messaggio da claudio_62 »

Sono Claudio, di Milano, da poco iscritto al forum.
Dopo aver letto tutto il discorso, ho deciso di inserire alcune precisazioni.
In parte dedotte da bibliografia, anche non prettamente ferroviaria, ed in parte quale risultato di deduzioni logiche applicate al caso.
Per comodità, suddivido il discorso in più capitoli successivi, ciascuno dedicato ad un argomento emerso nei vari interventi.
Mi scuso sin d’ora se non realizzo dei link con le fonti bibliografiche sul web, ma non son capace!
Sintetizzerò il “succo” degli argomenti indicando la fonte di provenienza.


1 – motivi del declino del sistema trifase a frequenza ferroviaria.

Che il sistema trifase a frequenza ferroviaria sia stato destinato allo sfruttamento delle possibilità residue già negli anni 30 è riconosciuto da tutti.
Con l’avvento delle soluzioni tecniche per alimentare il motore monofase a collettore con eccitazione in serie in alta tensione (1,5 kV c.c. o 1,35 kV 16,7 Hz) questo motore raggiunse potenze idonee allo svolgimento del servizio di trazione in campo ferroviario.
Sebbene ancora limitato da valori di potenza massica minori rispetto al motore asincrono trifase con rotore avvolto, era avvantaggiato da una migliore caratteristica di erogazione di coppia in funzione del regime di rotazione (di forma iperbolica).
Inoltre, aveva i margini di miglioramento tipici di un motore “appena nato”.
La potenza massica raggiunta dai motori delle E656 è quasi doppia rispetto a quella disponibile per i motori delle E626.
Durante il periodo di utilizzo per la trazione ferroviaria, il motore asincrono trifase con rotore avvolto non potè disporre di un così ampio margine di miglioramento perché, nel 1902, era già ampiamente sviluppato.
A riprova di ciò, la macchina più potente, la E432, monta motori da 1100 kW, più voluminosi di quelli da 1000 kW che equipaggiano la E330, realizzati oltre 10 anni prima.
In presenza di margini di miglioramento, le dimensioni sarebbero risultate, se non inferiori, almeno pari.

Il motivo dell’abbandono del sistema di trazione trifase è indicato, nelle fonti bibliografiche, di tipo polifattoriale.
Tra le varie fonti può esservi qualche lieve differenza, tuttavia, i motivi fondamentali riconosciuti sono:

a. difficoltà di captazione dell’alimentazione già alla velocità di 100 km/h;
b. limiti di potenza del sistema di alimentazione;
c. poche velocità economiche, limitate alle sole possibilità di combinazione dei motori (2 o 4), senza possibilità di regolazione fine della velocità;
d. erogazione della coppia motrice di tipo non adatto alla trazione.

E’ importante ricordare che la decisione è stata presa negli anni 30, sulla scia delle conoscenze e della tecnologia del tempo.
Affrontando l’argomento 80 anni dopo, dobbiamo prestare attenzione alla nostra conoscenza circa l’evoluzione nel tempo dei materiali e delle apparecchiature.
Per i tecnici di allora le nostre informazioni erano ancora delle incognite.

Analizzando la serie di motivi sulla scia delle conoscenze attuali, la lista di motivi si modifica in modo notevole, ma il risultato finale non cambia.
I tecnici effettuarono una scelta corretta.
Suddivido le mie “elucubrazioni” sui vari motivi.

a - difficoltà di captazione dell’alimentazione e
b - limiti di potenza del sistema di alimentazione.

A mio giudizio, la difficoltà di captazione ed i limiti di potenza erano tecnicamente superabili, ovviamente affrontandone i costi.
A prova di ciò, il sistema di sospensione longitudinale del sistema a 3kV c.c. è stato messo a punto in un tempo relativamente breve, a partire dall’avvento di tale tipo di trazione.
Il tutto si sarebbe risolto con l’adozione di pali più robusti per sopportare un bifilare un po’ più pesante (in pratica una doppia catenaria come quella del 3 kV c.c.) e con la messa a punto di pantografi adatti alle velocità desiderate.
Del resto, la sospensione longitudinale (con 1 fune di contatto ed 1 fune portante) ed i pantografi a traliccio sono stati adottati per il sistema trifase nell’ultimo periodo di espansione.
La geometria del bifilare era già consolidata.
Restavano da realizzare macchine con il minore serpeggiamento possibile.

c - poche velocità economiche.

Il problema delle poche velocità economiche, in assenza di possibilità di un radicale sviluppo dei motori, era insormontabile.

d - erogazione della coppia.

Anche l’erogazione della coppia, poco adatta alla trazione, risultò insormontabile perché è caratteristica del motore, di tipo in derivazione e non in serie.
In tempi successivi, furono teorizzati e realizzati anche motori trifase a collettore con eccitazione in serie (motore Schrage, rintracciabile su Wikipedia).
Seppure, finalmente, dotati di una curva di coppia di tipo iperbolico, questi motori non trovarono applicazione in campo ferroviario per la loro complessità e le dimensioni costruttive.
A parità di potenza, risultavano più pesanti e voluminosi rispetto ai motori allora disponibili per i sistemi a 3 kV c.c. ed a 15 kV 16,7 Hz.
Inoltre, erano equipaggiati con un collettore a lamelle e non ad anelli, suscettibili degli stessi problemi di fragilità strutturale tipici del motore monofase a collettore.

All’elenco “ufficiale” dei motivi manca il vero “tallone d’Achille” del sistema.

La trasmissione del moto con le bielle, con tutti i problemi meccanici ad essa attribuibili.

Le macchine trifase con potenza oltre 440 kW (no E430, ma tutte le altre si) erano tutte equipaggiate con la trasmissione a bielle.
Sempre nelle varie fonti bibliografiche è reperibile la motivazione, di natura meccanica, legata alle necessità di distribuire lo sforzo su più assi e di utilizzare elementi ritenuti sicuramente affidabili.
In pratica i progettisti non si fidavano degli ingranaggi riduttori dell’epoca.
Ciò è vero in parte.
Acciai di qualità idonea alla realizzazione delle trasmissioni per le locomotive erano già disponibili, ma erano di un costo tale da pregiudicarne l’utilizzo in campo ferroviario.
Venivano utilizzati solo in applicazioni militari, per la realizzazione dei cannoni e dei riduttori ad ingranaggi dei primi sistemi propulsivi navali con turbine a vapore.
(Da Wikipedia, la HMS Dreadnough, varata nel 1905, era equipaggiata con cannoni molto più potenti delle navi precedenti ed anche con un apparato motore da 17500 Hp su 4 assi azionati da altrettante turbine a vapore).

Purtroppo, la bibliografia “tace” del legame “elettrico” delle macchine trifase con la trasmissione a bielle.
Il funzionamento con i motori in “cascata” era elettricamente “critico”.
Il motore “primario” fungeva da trasformatore (rapporto 1:1) e da convertitore di frequenza (da 16,7 a 8,35 Hz) per l’alimentazione del motore “secondario”.
Senza il “giogo scozzese” i due motori, dopo qualche giro di ruota, avrebbero perso l’allineamento relativo dei rotori.
In tale condizione, il passaggio al collegamento in parallelo avrebbe richiesto DUE reostati, uno per ciascun motore, quando la semplicità costruttiva imponeva la dotazione di UN solo reostato per ciascuna macchina (per ottimizzare il funzionamento del sistema di ricondensazione).
Ciò è verificabile osservando l’equipaggiamento elettrico delle elettromotrici valtellinesi.
Erano equipaggiate con 4 motori e 2 reostati e non avevano le bielle di accoppiamento.
Nel collegamento in cascata venivano utilizzati tutti e 4 i motori, mentre, nel funzionamento in parallelo, ne venivano utilizzati solo 2, disattivando gli altri.
Un eventuale tentativo di collegamento in parallelo di entrambi i rotori ad un unico reostato a liquido con 6 morsetti avrebbe comportato extracorrenti istantanee inaccettabili, perché i motori si sarebbero “riallineati elettricamente” attraverso correnti che attraversavano il reostato.

A quei tempi (ed anche dopo), i progettisti non avevano a disposizione modelli matematici atti a risolvere le problematiche dovute alla risonanza degli organi meccanici in movimento, specialmente in presenza di sospensioni elastiche (balestre o molle elicoidali).
L’unica “carta” che potevano giocare era il bilanciamento degli organi in movimento, realizzato con una accurata distribuzione della posizione angolare e dei volumi dei contrappesi.
Le necessarie tolleranze di lavorazione dei pezzi, potevano comportare differenze che, seppure geometricamente lievi, potevano risultare sensibili durante la marcia.
Pertanto, lo “scoglio principale” della trasmissione con bielle restò il regime di rotazione.
Controllando su varie schede tecniche, il regime massimo raggiunto “in servizio” è dell’ordine di 6 giri/s, ovvero 360 giri/min.
Per adottare motori a 4 poli sarebbe stato necessario raggiungere un regime di 500 giri/min.
Tale valore di rotazione è stato raggiunto solo nel 1937, in occasione del record mondiale di velocità per trazione a vapore stabilito in Inghilterra.
In quell’occasione, la macchina utilizzata dovette rientrare in officina per la sostituzione delle boccole di sostegno dell’asse motore principale, le quali si erano ovalizzate internamente.

Non potendo eliminare le bielle e non potendo nemmeno farle ruotare ad un regime compatibile con un motore a 4 poli, eventuali macchine trifase a frequenza ferroviaria di nuova concezione restarono desiderate dai tecnici, ma non videro mai la luce.

Restò impossibile realizzare motori più veloci, più piccoli, dinamicamente meno invasivi e, soprattutto, posizionabili in basso, frazionando la potenza complessiva su tutti gli assi motori (in pratica, un E626 motorizzato trifase non era nemmeno teorizzabile).

A riprova dei triboli dovuti alla presenza delle bielle, dopo averle previste per tutte le proprie macchine, con la costruzione delle macchine tri-monofase MAV anche l’Ing. Kandò abbandonò la trasmissione con bielle accoppiate, dopo averla ridotta ai minimi termini per una coppia di locomotori a c.c. realizzati per una società ferroviaria francese.
La macchina l’ho trovata su Wikipedia (in francese), è la 2D2 E400 con rodiggio (2’B)(B2’).
Era equipaggiata con due rodiggi separati del tipo “Atlantic”, il più semplice e maggiormente adatto alle maggiori velocità.

Vogliate scusarmi per la lunghezza del testo.

Claudio
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marioscd
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Re: Trifase c. continua e monofase nel '900 italiano

#58 Messaggio da marioscd »

considerazioni molto interessanti. Grazie per l'approfondimento tecnico... Globalmente si può dire che l'avvento del trifase italiano sia stato importantissimo per risolvere i grandi problemi che caratterizzano la nostra rete, ovvero profili altimetrici difficili, talvolta gallerie di notevole lunghezza (che, se sono accoppiate ai profili difficili diventano delle trappole spesso mortali, con la trazione a vapore) ed importanti porti che generavano una enorme mole di merci da trasportare su valichi appenninici, tutto ciò nei primi anni del secolo scorso. Con le conoscenze e le esperienze sempre crescenti sia nel campo dell'elettrotecnica e della meccanica ferroviaria, il sistema è diventato presto obsoleto e altre scelte sono state fatte. Ciò non toglie che quel periodo, breve e pionieristico, a noi italiani è servito molto. Probabilmente, alla lunga, le scelte differenti operate dagli svizzeri si sono rivelate essere più longeve e funzionali, ma è facile dirlo col senno di poi...

ciao
Mario Scuderi - C.M.P. Club Modellismo Pavese ...ciò che è piccolo a volte diventa grande...

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